L’ex boss del Brenta ora fa l’ imprenditore

Sorpreso e nello stesso tempo addolorato, per non avere intuito la sofferenza di quella figlia che sentiva telefonicamente quasi ogni giorno. Così Felice Maniero, il boss dalla faccia d’angelo, si è mostrato dinanzi al capo della squadra Mobile di Pescara con il quale ha parlato per circa due ore e mezzo nella sede della Questura dove è arrivato nel pomeriggio. Uscito dal programma di protezione, l'ex boss della mala del Brenta da tempo vive in una località segreta non lontano da Pescara dove ha avviato un'attività imprenditoriale. Per la giovane, dunque, una vita segnata dalla presenza di un padre ingombrante con cui tuttavia negli ultimi anni il rapporto era migliorato, tanto che Elena era andata a vivere nella stessa zona dove abita lui. E proprio ieri si è chiusa un'altra tranche del processo a Maniero e alla sua banda nell’aula bunker di Mestre. Si trattava dell'udienza preliminare: l'ex boss ha chiesto il patteggiamento assieme ad altri 50 presunti esponenti del clan che terrorizzò il Nord-Est negli anni '80. Il processo è scaturito dall'operazione «Rialto» che vide 142 indagati per una serie di reati gravi che vanno dal sequestro di persona al riciclaggio, dalla corruzione alla rapina fino al traffico di droga e armi. «Escluderei qualsivoglia relazione tra l'udienza di oggi e quanto accaduto a Pescara alla figlia di Felice Maniero», ha detto il procuratore generale della Repubblica di Venezia, Ennio Fortuna. «Seguo questo processo da vicino per quanto concerne questioni di ordine - spiega il pg -, sottolineo il fatto che il procedimento è iniziato con un ritardo enorme. All'epoca dei fatti invece io non ero neppure a Venezia.

Escluderei comunque qualsivoglia relazione tra l'udienza di oggi e quanto accaduto a Pescara alla figlia di Felice Maniero». Comunque, aggiunge, «il fatto che sarebbe stato trovato un messaggio della donna, figlia di Maniero, è determinante».

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