L’imputato resta in cella col copia-incolla del nome sbagliato

MilanoSi chiama «copia e incolla», ed è una funzione assai usata sui computer di tutto il mondo. Si prende un brano da un testo e lo si infila in un attimo in un altro testo. Fa risparmiare un sacco di tempo. Ma quando a usare il «copia e incolla» sono i giudici, qualche problema si pone: perché il codice non lo prevede, e perché ogni imputato avrebbe diritto a essere valutato con cura, volta per volta e caso per caso.
Eppure è grazie alla pratica del «copia e incolla» che a Milano può accadere che un imputato venga tenuto in galera con le motivazioni di un altro. Può accadere che i pubblici ministeri, di fronte ad una richiesta di scarcerazione, si limitino a copiare-e-incollare il parere già espresso per un altro detenuto, senza neanche ricordarsi di cambiare il nome. E, ancora più singolarmente, può accadere che il giudice accolga il parere come se niente fosse, senza accorgersi che riguarda un altro imputato.
In carcere da tre mesi, festività comprese, per un reato (la turbativa d’asta) che la legge punisce con una pena esigua: talmente esigua da rendere praticamente certo che, in caso di condanna, ci sarà la sospensione condizionale della pena. Era bastato questo, finora, a fare di Giovani Valdes, ex sindaco ciellino di un paese tra Milano e Pavia, e del bancario Alfredo Introini, i protagonisti di un «caso» giudiziario che sollevava alcune perplessità: rafforzate da episodi sconcertanti, come quello degli atti del ricorso in Cassazione dei loro legali «dimenticati» a Milano per un mese senza venire trasmessi a Roma. Ma il giorno della Befana, dal carcere di Voghera, Valdes prende carta e penna e scrive ai giornali locali: raccontando la storia del «copia-e-incolla» che lo tiene in galera. «Come ci comporteremmo - domanda Valdes - se un dottore cui chiedessimo lumi su una nostra grave malattia, ci rispondesse con quattro righe standard, che usa anche per altri pazienti, e che, a testimonianza della superficialità avuta, non riportano il nostro nome ma quello di un altro?».
Domanda legittima. Eppure eccoli, i documenti di cui parla il detenuto. Il 24 dicembre il difensore di Valdes, Mario Brusa, chiede al gip Andrea Ghinetti la scarcerazione del suo assistito. Lo stesso giorno il pubblico ministero Paolo Storari, braccio destro del procuratore aggiunto Ilda Boccassini, scrive: «Parere sulla istanza di revoca/modifica avanzata dalla difesa di Valdes. Allo stato si esprime parere contrario per i seguenti motivi: si tratta della terza istanza avanzata da Introini (...

) Introini dopo pochi mesi dall’aver ricoperto la carica di sindaco si è subito messo a disposizione», eccetera eccetera. Il maldestro «copia-e-incolla» è vistoso, ma il giudice Ghinetti non fa una piega. E tre giorni dopo, «visto il parere negativo del pm», respinge l’istanza.

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