Più dellincauta sortita sulla bomba mediatica lanciata dai pm di Caltanissetta nella serata di martedì, e dagli stessi disinnescata poche ore dopo, occorre prestare grande attenzione allintervista rilasciata il giorno precedente sullUnità dal procuratore aggiunto della cittadina nissena, Nico Gozzo. Lo stesso che allAntimafia parlerà di una politica che potrebbe non reggere il peso dellesito delle indagini sulle stragi, e che in questintervista si diceva convinto che il senatore Marcello DellUtri sarebbe uscito con le ossa rotte anche nellappello del processo palermitano che proprio lui aveva seguito personalmente in primo grado, come in effetti è avvenuto.
AllUnità Gozzo dice (e non dice) svariate cose. Ma il passaggio che fa riflettere è quello che concerne la risposta data al premier che si lamenta per lennesimo «complotto» orchestrato ai suo danni. Il consiglio al Cavaliere, che Gozzo definisce «il mio presidente», è di mollare DellUtri. Subito: «Vorrei rassicurare il presidente (Berlusconi, ndr), se parla così credo sia mal consigliato. Non cè alcun complotto. Lo posso dire con serenità: a partire dal 1997 ho archiviato più di uninchiesta che lo riguardava (...). In questa vicenda ci sono silenzi pesanti che fanno pensare che certi rapporti non siano solidi come vengono dipinti. Come il silenzio di Berlusconi quando, nellambito dellinchiesta DellUtri, gli chiedemmo conto del rapporto con il suo collaboratore. In quel caso decise di non difendere davanti ai magistrati il socio di una vita (...). Chi indaga sulla mafia, sulle stragi, ha un desiderio: che il sistema politico sia autorevole, che non sia esposto ai ricatti. Credo che dopo la sentenza DellUtri, il presidente del Consiglio, che è anche il mio presidente, abbia unoccasione: lasciare finalmente il senatore al suo destino e dire finalmente cosè successo nei 22 anni in cui DellUtri ha lavorato per lui, per le sue aziende, e nello stesso tempo con la mafia».
Scaricare DellUtri, dunque. Perché? Forse perché in questinchiesta, visto che di questo si sta parlando nellintervista, il senatore è dentro fino al collo? Perché scaricando lamico di una vita il premier salverebbe se stesso e la politica in senso alto, che così reggerebbe allurto della verità finale? Non è chiaro. Così come è ancora meno chiaro come possa Caltanissetta puntare su DellUtri per le stragi del 92 allorché fino al 1991, lanno dellomicidio Lima che per Falcone è lo spartiacque decisivo nei rapporti fra mafia e politica, Forza Italia non esiste (nascerà solo allinizio del 94). Si obietterà: ma nella sentenza dappello si dice che DellUtri era in rapporti col mafioso Mangano. Vero. Ma a parte che allepoca era un normale cittadino, e che il partito non era stato ancora nemmeno pensato da Berlusconi, la stessa sentenza di secondo grado sancisce che dopo il 92, ovvero per le stragi del 93 che secondo una vulgata giudiziaria suggellerebbero il patto mafia-DellUtri con la benedizione di Provenzano, DellUtri e Cosa nostra non hanno avuto alcun tipo di rapporto. E di vantaggi reciproci. A questo aggiungete che nel precedente procedimento di Caltanissetta sui mandanti esterni delle stragi Berlusconi e DellUtri sono già stati assolti nel 2002, così come assolti sono stati anche nella prima inchiesta sulle stragi del 93 a Firenze (anche se oggi sono sotto indagine grazie al pentito Spatuzza). E che dire degli accertamenti (tutti negativi) sul presunto patrimonio mafioso di Fininvest e Publitalia. Insomma, siamo alle solite. Si indaga ossessivamente a destra dimenticandosi degli indizi che portano altrove, e che vedono la strategia stragista pianificata in tempi lontani. Sul finire del 91 quando, ripetiamo, «Forza Italia» altro non era che un coro da stadio per la nazionale di calcio. Una strategia antica che a detta di Brusca serviva per sbalzare di sella chi allepoca comandava «ma solo con lomicidio Falcone, Andreotti si toglie finalmente di torno». Il pentito Cancemi dice di più, e cioè che la strategia coincideva con interessi di soggetti importanti, terzi, esterni a Cosa nostra. Lex sindaco Ciancimino va poi oltre ricordando di quando avvicinò Riina per sondarlo su quanto il Ros andava proponendo. Alla lettura delle richieste di Totò Riina (papello) il commento di Ciancimino fu: «O Riina è pazzo o ha le spalle guardate». Ovvero ha già altri interlocutori, più seri di questi che si proponevano allex sindaco di Palermo. E le spalle guardate probabilmente ce le aveva anche nella scelta improvvisa di non uccidere più Falcone con semplici pistolettate allesterno di un ristorante a Roma, ma di farlo con modalità eclatanti, esplosive, a Palermo.
Linchiesta di Caltanissetta
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