Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
L’affaire Prodi-Mastella finirà al tribunale dei ministri di Roma. Il fascicolo che vede l’attuale Guardasigilli indagato per abuso d’ufficio, concorso, truffa e finanziamento illecito ai partiti, dopo essere stato avocato dalla procura generale di Catanzaro prossimamente partirà alla volta della Capitale. Destinazione, appunto, il collegio per i reati ministeriali. Come lascia intendere chiaramente il decreto del pg Dolcino Favi, riservandosi la trasmissione e scrivendo che la struttura deputata alle indagini a carico dei rappresentanti del governo appare «competente alle indagini preliminari», non solo per la carica rivestita dal politico di Ceppaloni, ma «anche in ordine ai soggetti - prosegue il decreto - concorrenti nel reato ascritto al ministro Mastella». Prevedibile la massima celerità, dunque, nella trasmissione degli atti a Roma, visto che il Pg scrive che «non è nota alcuna ragione per ritardare l’adempimento». Insomma, la palla passa da Catanzaro a Roma, dove il tribunale dei ministri porterà avanti le indagini riunendo in sé i poteri sia del pubblico ministero che del gip. E alla fine dovrà decidere se archiviare o rinviare a giudizio.
Data chiave nei vorticosi sviluppi di una vicenda sempre più complessa è il 19 ottobre. In quella giornata, infatti, il procuratore capo di Catanzaro Mariano Lombardi chiede al Pg di avocare a sé l’inchiesta, nel giro di poche ore Favi accoglie la richiesta ed emette il decreto. E poi tira in ballo il tribunale dei ministri. Ed è sempre venerdì che la procura generale del capoluogo calabrese, senza nemmeno informare preventivamente il pm titolare del inchiesta «Why Not» Luigi De Magistris, bussa alla porta del sostituto e «costringe» la sua segretaria ad aprire la cassaforte e a consegnare gli atti d’indagine.
Una procedura quantomeno irrituale, se non altro perché si tratta di un’inchiesta per la quale sono tuttora in corso attività di indagine da parte del pm catanzarese, come l’interrogatorio del supertestimone, già in calendario per ieri ma ovviamente cancellato dall’imprevista piega presa dagli eventi. Anche perché De Magistris ha avuto la notifica del decreto soltanto ieri, quando ha anche appreso della «sorpresa» della cassaforte svuotata.
Sempre ieri Mastella, intervenendo a «Porta a Porta», ha ipotizzato «qualche manipolazione» nelle intercettazioni che lo riguardano, specificando poi che una telefonata tra lui e il presunto «dominus» del comitato d’affari, Antonio Saladino, non riguardasse «affari». Gli elementi che supportano le ipotesi di reato a carico del Guardasigilli, peraltro, sarebbero riferibili a un periodo precedente alla nomina di Mastella a ministro. Ma proprio l’avocazione spiega che quei presunti reati, «commessi in Calabria e a Roma con condotta ancora in atto», meritano l’approfondimento da parte del tribunale dei ministri. Il cui operato, probabilmente, si limiterà al materiale e ai riscontri già acquisiti in atti, e non ai nuovi accertamenti e alle attività d’indagine che De Magistris stava svolgendo. In particolare non sarebbero ancora nel fascicolo gli atti compiuti in merito ad alcuni episodi sia relativi a presunti finanziamenti illeciti all’Udeur che a un’ipotesi di truffa, legati ad alcune spese per le quali il Guardasigilli, in qualità di parlamentare e leader del «Campanile», secondo il pm avrebbe chiesto e ottenuto un doppio rimborso.
Quanto a De Magistris, il decreto di avocazione non è tenero nei suoi confronti, e gli «rimprovera», come motivazione accessoria all’incompatibilità, di aver indagato Mastella sulla base di «un’iniziativa personale», e «senza preventiva comunicazione con il capo dell’ufficio ai cui controlli costantemente si sottrae».
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