L’industria italiana accelera Ma non assume e va all’estero

L’industria italiana si sta arrampicando tra le rocce della ripresa e per la fine dell’anno potrebbe colmare il dislivello di fatturato e di redditività che ancora esiste rispetto al 2007, prima che la voragine Lehman Brothers inghiottisse ogni velleità. Mentre infuria la guerra sul debito sovrano e gli Stati Uniti rischiano una seconda recessione, l’ufficio studi di Mediobanca misura la riscossa della corporate Italia con la ricerca «Dati cumulativi»: 2.030 le società industriali e del terziario censite, senza considerare le controllate estere come Chrysler per il gruppo Fiat. Gli investimenti nella Penisola però restano scarsi e mancano i presupposti per riassorbire i 70mila posti di lavoro persi dal 2007 al 2010.
Salgono i ricavi, scende l’occupazione
A giugno il sistema produttivo italiano aveva migliorato i ricavi dell’11% rispetto a un anno prima, a fronte di margini in ripresa (+7%), trainati più dal manifatturiero (+40%) che dall’energia (+1%). Entro l’anno i margini potrebbero recuperare il 90% del livello pre-crisi ma per ritrovare efficienza le aziende hanno tagliato l’occupazione (-5,1% nel triennio, a cui si aggiunge il -0,5% nell’ultimo semestre) e gli investimenti (alla fine del 2010 era ancora sotto del 16,2% rispetto al 2007).
«Adieu Italia», meglio delocalizzare
Le grandi imprese manifatturiere si ritirano infatti dalla Penisola per delocalizzazare dove il costo del lavoro è più basso: il fatturato estero su estero è pari al 31% del totale (42% per l’energia). Complessivamente le vendite all’estero rappresentano il 51% del comparto manifatturiero e il 79% di quello energetico. Nel 2010 il fatturato «italiano» dei big manifatturieri è cresciuto dell’1,4%, contro il +19,4% del fatturato estero e del +24,7% della componente estero su estero.
Profitti drogati dalle cedole
Alla fine del 2010 l’utile del sistema Italia era salito del 64,2% a 28 miliardi. Il dato, comunque inferiore del 12% rispetto a tre anni prima, è imbellettato dalla cipria dei dividendi versati dalle controllate estere (+47%) che non dai margini i operativi (+20% circa). Questo ha anche aiutato le industrie ad «aggirare» il fisco, vista la più favorevole tassazione sulle voci finanziarie. A trainare i ricavi è stato l’export (+12,6%) e l’energia (+12,4%).
Meno tasse, ma pagano tanto i piccoli
Cala il peso del fisco sull’impresa-Italia (25,6% l’aliquota media contro il 30,1% del 2009) ma a ricevere il cazzotto più forte (34,6% contro 34,8% nel 2009) sono le medie imprese contro il 18,8% (era il 26,7%) delle big quotate in Piazza Affari.


Vincono i dolciumi, perde il cemento
Malgrado il triennio nero ci sono stati settori che hanno difeso le vendite, come l’alimentare ha registrato un aumento dei ricavi con un balzo del 10,3% del dolciario e ha retto la grande distribuzione (più 8,4%). Nel 2009 la metallurgia ha recuperato il 31,8% e il settore gomma-cavi il 20%. In crisi, invece, i prodotti per l’edilizia (-28,8% nel triennio), elettrodomestici (-22,2%) e la stampa-editoria (-20%).

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