L’intervento Così vinceremo la «guerra fredda» giudiziaria

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L’autentico presupposto storico-politico del dibattito in corso alla Camera sul processo breve è molto lontano dalle polemiche sviluppate da Pd e da IdV.
Non c’è un problema costituito dalle cosiddette vicende processuali private di Berlusconi. Le vicende processuali di Berlusconi sono totalmente politiche perché è politico l’attacco giudiziario che gli è portato contro fin dal 1994, cioè da quando è sceso in campo e ha fondato Forza Italia. La matrice di questo attacco è la stessa che ha provocato le vicende del ’92-’94 contro la Dc, il Psi, i partiti laici, cioè l’uso politico della giustizia e la tendenza alla demonizzazione dell’avversario che ha precedenti nella storia della prima Repubblica: basta pensare al trattamento riservato dal Pci a De Gasperi, Fanfani, Leone, Cossiga, Donat Cattin e Craxi. Alle origini di tutto ciò c’è il fatto che tranne per la corrente dei miglioristi (Napolitano, Chiaromonte, Cervetti eccetera) il cambio del nome del Pci, in seguito al crollo del comunismo del 1989, realizzato dagli eredi di Berlinguer, non è avvenuto nella direzione della socialdemocrazia e del riformismo ma in quella del giustizialismo politico e culturale e del massimalismo sociale.
La conseguenza di tutto ciò è il bipolarismo drogato e estremista e non quello fisiologico che stiamo vivendo nella seconda Repubblica. Il «nostro» bipolarismo è fondato sull’attacco sistematico di natura politico-giudiziaria e mediatico contro Berlusconi per distruggerlo.
Quindi, la durezza dello scontro politico alla Camera discende dalla linea politica adottata dal Partito democratico e dall’Italia dei Valori, non dal testo di legge in esame.
Perdipiù - fino all’intervento di qualche giorno fa del presidente Napolitano che ha richiamato al senso di responsabilità tutti i capigruppi parlamentari - la tendenza del Pd, è quella di combinare insieme l’ostruzionismo praticato nell’aula parlamentare con le contestazioni di piazza a ridosso di Montecitorio. Ciò può facilmente provocare incidenti assai gravi e pericolosi per l’immagine stessa delle istituzioni. Qualche giorno fa uno di questi incidenti ha coinvolto il ministro La Russa con la conseguenza di perdere circa una giornata di lavoro parlamentare.
Inoltre la Camera è presieduta da una personalità politica come Gianfranco Fini che ha seguito una linea che potremmo definire segnata dalla «doppiezza». Da un lato, sul piano politico generale, egli è impegnato tout court nella battaglia politica. Dall’altro, sul terreno dei lavori parlamentari, Fini ha effettuato il tentativo di mantenere una linea di terzietà.
Ad un certo punto questa linea è venuta meno proprio in occasione del dibattito sul processo breve. Infatti Fini si è assunto due gravi responsabilità: quella di non far votare tre ministri che erano in aula, rovesciando così i risultati di una votazione; e quello di aver consentito per una intera mezza giornata che il Partito democratico e l’Italia dei Valori potessero svolgere un tipo di ostruzionismo del tutto devastante, mai praticato prima, che potrebbe portare al blocco totale dei lavori parlamentari con conseguenze distruttive.
Fortunatamente il monito rivolto precedentemente a questi fatti dal presidente Napolitano sulla assoluta necessità di assicurare la continuità e l’efficacia dei lavori parlamentari, ha svolto un ruolo di indiretta moral suasion che ha avuto un’influenza del tutto positiva.
Due ultime considerazioni che riguardano il Pdl.
Con la Lega Nord a livello parlamentare c’è un rapporto di piena lealtà al netto della concorrenzialità esistente sul territorio.
I gruppi parlamentari del Pdl stanno conducendo delle durissime battaglie politiche e parlamentari a sostegno di Berlusconi e del governo. Il Pdl è un grande partito nazionale, forte sia al Nord, sia la Centro, sia al Sud: ciò deve riflettersi nella concreta attività del governo. Non si deve mai dimenticare, inoltre, che dal 1994 ad oggi, il risultato variabile delle elezioni politiche è stato sempre determinato dagli equilibri mutevoli realizzati di volta in volta al Sud.
Infine le considerazioni sul Pdl come partito. Mentre il Pdl è perfettamente riuscito a livello elettorale, più contraddittorio è il discorso a livello della sua forma partito. Infatti il Pdl è il frutto dell’incontro di tendenze politiche diverse, quella di destra costituita da chi ha superato da Fiuggi in poi la nostalgia per il fascismo, quelle di centro di matrice cattolica, quelle di chi proviene dalla storia del Psi e dei partiti laici. Di conseguenza occorre sempre avere un grande senso di equilibrio nel «maneggiare» i materiali storici del recente passato.
Quindi il Pdl è un partito moderato-riformista che aderisce al Ppe, un partito antifascista e anticomunista, che ha una lettura revisionista della storia d’Italia nei confronti di tutto ciò che è avvenuto dal 1944 al 1994 con una analisi alternativa a quella fondata a suo tempo sull’egemonia ormai tramontata della cultura comunista; per capirci i nostri punti di riferimento sono costituiti da Renzo De Felice, da Rosario Romeo, da E. Aga Rossi e da Victor Zlaslavsky, da Francesco Perfetti, da Giampaolo Pansa.
Il Pdl come partito organizzato non decollerà realmente fino a quando non si darà una base associativa omogenea, costituita da iscritti e da eletti che, con tutte le ponderazioni possibili, eleggerà i coordinatori comunali, provinciali e regionali (questi ultimi con un potere di intervento del Presidente Berlusconi).
Personalmente non credo alla moltiplicazione, oggi in atto, di partitini, correnti e gruppi. Aldilà, però, di queste scelte organizzative, c’è un nodo politico di fondo. Una volta che si è fatto il Pdl guai a noi - visto anche il tipo di «guerra civile fredda» praticata dal Partito democratico, dall’IdV, da Repubblica e da alcuni mezzi televisivi - se sviluppiamo una dialettica al limite dello scontro fra le aree provenienti da Forza Italia e quelle derivate da An, se diamo via libera a «derive localiste» (il partito del Nord in una singola regione, il partito del Sud, mille sigle partitiche).


Il popolo del centrodestra vuole dal Pdl certamente libertà del dibattito, ma specialmente unità e piena consapevolezza dei doveri di sobrietà e di serietà politica che derivano dal tipo di scontro politico in atto e dal tipo di attacco che viene sviluppato contro Silvio Berlusconi.
*Presidente dei deputati Pdl

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