«Sì, va bene. Sono stato antidemocratico. E allora? Guardi che stanotte dormirò lo stesso. Anzi, sa cosa le dico: farò dei sogni tranquillissimi». Paolo Limonta si asciuga il sudore con un grande fazzoletto beige a righe blu. Se lo passa sugli occhi e sulla testa rasata, poi fa una pausa per prendere fiato, prima di ricominciare ad incitare la folla con quel poco di voce che gli rimane. Cinquantun anni, da quindici insegnante di ruolo alla scuola elementare di viale Romagna, la stazza di un lottatore di wresling, un paio di bracciali intorno al polso e un ciondolo con una maschera africana che gli ha regalato un amico senegalese. Quando ha saputo che ieri ci sarebbe stato il ministro dellIstruzione Maria Stella Gelmini in piazza del Duomo, non gli è parso vero di poter venire qui insieme agli altri «compagni» per consegnarle il loro messaggio.
Mi scusi, ma di quale messaggio sta parlando visto che non le avete lasciato nemmeno il tempo di aprir bocca?
«Ci interessava arrivare fino a lei, farci vedere, fisicamente. E farle sentire che ci saremo, sempre. Che la seguiremo ovunque andrà. La nostra parola dordine è "noi non ci stancheremo" e può stare tranquilla che si stancheranno prima loro. Noi siamo ovunque, sorgiamo nella città quando uno meno se lo aspetta e nessuno lo sa».
Proprio come è accaduto ieri, un agguato insomma. E pensate di ottenere qualcosa con questo genere di proteste?
«Ne abbiamo fatte tante, siamo stati anche in mezzo alla gente nei quartieri per parlare con i genitori e spiegare perché la Gelmini sta massacrando la scuola pubblica. Ma il punto è poter dire al ministro "guarda che non puoi andare in giro, senza pagare un prezzo"».
Un prezzo?
«Sì, certo. Un prezzo. E la soddisfazione più grande sa qual è? Vederla che si innervosisce e che se ne via, come oggi. Quando lo racconterò ai miei allievi saranno contenti».
Be, vi accontentate di poco però.
«Io sto dalla parte dei bambini e difenderò il loro diritto a frequentare una scuola di qualità, mica come la Gelmini. Insomma, come glielo devo dire: non permetteremo a nessuno di distruggerla e di distruggere la democrazia».
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