L’INTERVISTA FABIO FALZEA

«Pensi che nell’ultimo semestre ho dovuto ridurre alcune cifre alla voce ricavi e previsioni perché dall’alto non ci credevano. Mi hanno detto: “C’è la crisi, non è possibile”...».
Fabio Falzea, 44 anni, direttore della divisione Mobile della Microsoft vive in un’isola felice: «È vero: il mercato della tecnologia non conosce flessioni. E noi - che produciamo software per circa un milione di smartphone presenti in Italia - continuiamo a tirare».
Dottor Falzea, non esagera?
«Non esagero. I nostri prodotti sono ambiti da due categorie: i tecnomaniaci e gli uomini d’affari».
Target ampio, ma prezzi alti...
«Guardi: capita che centinaia di telefonini da 5-600 euro appena arrivati in negozio spariscano in un pomeriggio perché su internet si danno appuntamento per comprarlo per primi».
Eppure c’è la crisi.
«Appunto, la crisi c’è, ma la tecnologia può aiutare a superarla. Pensi ad esempio alle aziende: possono risparmiare sui viaggi grazie alla possibilità di fare videoconferenze oppure alla trasmissione digitale dei documenti».
Un business...
«Infatti. L’ufficio con la poltrona di pelle umana è ormai roba da barzelletta. L’ufficio oggi è un telefonino o un computer».
E quindi?
«E quindi quello che ho imparato in tanti anni è che bisogna cogliere la parte positiva di un ciclo così negativo e ripartire. Ci sono imprenditori che l’hanno capito, non tutti però».
Cosa bisognerebbe fare?
«Far capire che non tutto è perduto. Che se la gente è costretta a rinunciare al caffè della mattina, quel caffè si riverserà a valanga sull’economia».
Dunque più soldi in giro.
«Certo: più soldi nelle tasche, ma soprattutto una presa di coscienza collettiva. Noi italiani siamo leader nel terziario e dobbiamo approfittarne. E quindi non dobbiamo competere solo sul prezzo ma anche sulla qualità».
E poi?
«E poi ci vuole ottimismo. Bisogna, come dire, spargere buonumore esercitando una forte leadership.

L’Italia ce la può fare: in fondo da noi non si sono visti i licenziamenti di massa come in altri Paesi. Quindi dobbiamo solo fare in modo che anche all’estero credano più in noi, anche perché appunto c’è chi sta molto peggio. E così alla fine crederanno pure ai nostri numeri».

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