L’INTERVISTA GIORGIO STRACQUADANIO

MilanoAltro che inciucio. Il modello, semmai, è quello di De Gaulle: «Dobbiamo rendere permanente la svolta bipolare impressa al nostro sistema da Berlusconi. Esattamente come accadde in Francia quando De Gaulle mise mano all’architettura istituzionale». Un fatto è certo: per Giorgio Stracquadanio, deputato del Pdl considerato molto vicino al Cavaliere, questa è l’ora delle riforme.
Dopo infiniti annunci, siamo alla volta buona?
«Più che altro, questa è l’ultima finestra temporale che si apre. Poi questa generazione, a destra come a sinistra, verrà scavalcata da chi verrà dopo».
Ora è il momento dell’amore, ma quando durerà questo clima di concordia?
«Intanto partiamo: i Di Pietro, i Franceschini, le Bindi si metteranno sempre di traverso. Ancora di più se la maggioranza vacillerà».
Berlusconi vuole partire dall’immunità.
«Non c’è dubbio che la giustizia sia il primo capitolo del libro da scrivere. Diciamo la verità: oggi alcuni pubblici ministeri cercano di abbattere il Cavaliere per via giudiziaria. Non rispettano il voto democratico e non sanno farsene una ragione».
Loro negano.
«La controprova? Quando il Cavaliere è all’opposizione, le inchieste su di lui si spengono o si affievoliscono. È successo fra il ’96 e il 2001, di nuovo fra il 2006 e il 2008. Questa anomalia va sanata».
Come? Legittimo impedimento, scudo o processo breve?
«Questo lo vedremo al momento opportuno. Certo, il punto d’arrivo dev’essere un nuovo Lodo, brevettato con legge costituzionale».
I nemici del dialogo grideranno all’inciucio.
«Grideranno comunque. È quindici anni che gridano, hanno già fatto fallire tutti i tentativi di cambiamento. Se la ricorda la Bicamerale? Fu affossata da un’intervista di Gherardo Colombo, dal veto dell’Anm, dall’intransigenza del presidente Scalfaro. Ci proveranno anche questa volta, ma una qualche forma di immunità dev’esserci».
Ma a sinistra voteranno a favore?
«Questo è un provvedimento che riguarda Berlusconi, ma che va oltre Berlusconi. Non ci sono alternative. La vecchia dirigenza comunista, e penso anzitutto a D’Alema, è attrezzata per percorrere questa strada. E questo le darà credibilità e autorevolezza, virtù necessarie per aspirare al potere».
Poi?
«Certo, dovremo anche separare le carriere, si dovrà imporre un riassetto dell’ordinamento giudiziario, i Pm dovranno essere staccati dai loro colleghi giudici. Ma questo è solo un capitolo del cambiamento che ci attende».
Quali saranno gli altri punti essenziali delle riforme?
«Pochi ma molto qualificanti. Una volta messa in salvo la democrazia, dovremo dedicarci al rafforzamento dei poteri del premier».
Insomma, lei vuole alterare la Costituzione, come dice preoccupato Eugenio Scalfari a proposito del Cavaliere?
«Già oggi noi votiamo sulla scheda il candidato premier. Dobbiamo abbandonare l’impianto parlamentare e passare a un modello presidenziale. Consolidare quel che Berlusconi ha fatto con il suo carisma. Non capisco dove sia lo scandalo, anzi così non si può più andare avanti. È un problema di modernità: non è che il premier può andare al G8 e dire a Obama che lo sollecita: “Un attimo che consulto mille parlamentari”.
La bozza Violante, dunque, non le sta bene?
«È un modello arretrato, anche se alcune proposte sono condivisibili. Però il punto decisivo è la forma di governo. Naturalmente, a quel punto dovrà essere ridisegnato anche il ruolo del Parlamento: non più organo di indirizzo politico, ma di controllo».
Reggerà la tregua?
«La tregua è nata dopo l’attentato di Tartaglia. La tregua, oltretutto a Natale, va benissimo per svelenire il clima.

Ma fra qualche settimana, i nemici di sempre torneranno all’attacco. E dovremo batterli su due o tre cose concrete. Con l’aiuto, spero, di quella sinistra che vuole finalmente mettersi al passo del Paese e abbandonare i vecchi pregiudizi ideologici».

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