L’INTERVISTA L’EREDE DELLA DINASTIA

Torino Tempi di recessione. Banche che falliscono, gente in ginocchio, automobili con le gomme a terra. Eppure, poiché nello sport «show must go on» come cantavano i Queen, fra tre mesi, dal 7 al 10 maggio, andrà regolarmente in scena la gara più attesa del nostro golf: l'Open d'Italia maschile, costo di allestimento stimato attorno ai 3 milioni di euro. Ma forse la nota più curiosa è legata al fatto che quella maratona delle buche si svolgerà, per la prima volta, al Royal Park di Torino e che, proprio in casa FIAT, il title sponsor sarà la tedesca BMW che entrerà nel budget globale con 800.000 euro. E altrettanti ne darà l'anno prossimo.
È un nodo di situazioni intrigante che, anche nel tentativo di rispondere a certe domande della gente, abbiamo cercato di sciogliere incontrando Andrea Agnelli nel suo ufficio alla Lamse S.p.A , a due passi da Piazza San Carlo. Andrea, manager rampante di 33 anni, è l'ultimo maschio della storica dynasty piemontese ed è, tra l'altro, l'amministratore delegato del Royal Park, di cui è presidente la madre Allegra Caracciolo. Il Circolo, nato all'alba degli anni '70 per iniziativa di Umberto, il padre di Andrea, scomparso 5 anni fa, si chiamava in origine «I Roveri». Dal gennaio del 2007 giusto Andrea lo ha ribattezzato Royal Park per conferirgli una maggiore riconoscibilità all'estero e per onorare il Parco Reale della Reggia di Venaria dove il campo si trova. Va aggiunto che Andrea è da poco «entrato in carriera», con diverse deleghe, nel Consiglio della Federgolf.
Dottor Agnelli, da chi è partita l'idea di candidare BMW quale title sponsor dell'Open d'Italia che si disputerà sotto i palazzi della FIAT?
«La gestione dell'Open d'Italia è affidata al Comitato organizzatore e abbiamo una Federgolf che si muove da oltre un quinquennio in partnership con l'European Tour. Dunque la decisione di reperire il title sponsor e le relative negoziazioni sono state assegnate a un Comitato che ha avuto nel tempo una serie di rapporti con BMW. L'avvenuta conclusione dell'operazione ci inorgoglisce come Federazione e come ospitanti dell'Open in quanto BMW è uno sponsor importantissimo nel panorama golfistico».
Dunque il progetto non era suo.
«No».
La gente comunque insiste: ben venga l'ossigeno di BMW, ma che proprio in suolo FIAT diventi BMW il title sponsor dell'Open d'Italia è abbastanza singolare. Sarebbe come se un giorno si venisse a sapere che il title sponsor dell'Open di Germania è FIAT. Lei come risponde?
«Questi fatti vanno valutati in base a quelle che sono le strategie di marketing di due società diverse come BMW da una parte e FIAT dall'altra. BMW da sempre investe in maniera importante nell'ambito del golf e quindi per essa andare ad acquisire come title sponsor un Open prestigioso come quello d'Italia, storico perché è giunto alla 66ª edizione, è stato naturale. Tra l'altro, fino all'anno scorso, ha già avuto un'esperienza simile nell'Open d'Italia femminile. FIAT oggi ha una strategia di marketing differente, all'interno della quale il golf non è prioritario. Il mio auspicio è di riuscire a sospingere il gruppo FIAT nel golf in quanto questo è uno sport in cui credo moltissimo».
Dopo «l'approccio sportivo» è possibile immaginare una futura intesa BMW-FIAT a livello industriale? Se non ricordiamo male, Marchionne ha profetizzato di recente che, quando la grande tempesta sarà passata, ci saranno nel mondo soltanto cinque-sei «poli» di case automobilistiche.
«Da questo punto di vista Marchionne è stato assolutamente chiaro nello specificare quale sarà il futuro del settore dell'automobile. Marchionne ha altresì la delega ad andare a individuare quali siano le condizioni migliori per lo sviluppo del futuro della FIAT. Egli ha sempre detto di essere pronto a cogliere eventuali opportunità, che sarà lui a valutare volta per volta».
Sono sul tavolo dell'Open 800.000 euro della BMW. E gli altri 2 milioni per l'allestimento del torneo chi li metterà?
«I costi globali da lei indicati saranno coperti in misura totale dalle altre sponsorizzazioni a diverso titolo in via di definizione. Un supporto importante verrà dalla Regione Piemonte».
Come vede il «suo» Open, anche da un punto di vista sentimentale? Lo dedicherà alla memoria di suo padre?
«Sono certo che mio padre sarebbe fiero di ospitare a casa sua una manifestazione prestigiosa come l'Open di golf, uno sport che lui praticava giocando spesso con gli amici. Per quanto strettamente mi riguarda, guardo all'Open del nostro debutto come a un evento puntuale nel rispondere a tutte le esigenze logistiche e pratiche».
Sua madre Allegra e sua moglie Emma come vivono questa lunga vigilia? Sono d'accordo con lei?
«Mia madre approva le avvenute decisioni di scelta strategica ed è felice di ospitare l'Open nella sua veste di presidente del Royal Park. Emma non gioca a golf, spero che un giorno si convinca a cominciare ma non ci credo molto. Lei certo condivide tutti quelli che sono i miei obbiettivi di fondo, portare a Torino l'Open era uno di questi obbiettivi e dunque Emma è contenta per me».
Canonica e Rocca saranno invitati sui «green» del Royal Park?
«Assolutamente me lo auguro, perché sono tra i pochi giocatori italiani di profilo internazionale».
I due fratelli Molinari giocheranno doppiamente in casa, visto che dal Golf Torino sono approdati al Royal Park attraverso New Holland. E Francesco, il nostro attuale numero 1, ha già vinto a Tolcinasco. Saranno loro la ciliegina sulla torta?
«Spero proprio di sì. Vede, veniamo un po' tutti dal Golf Torino, anch'io ci giocavo da ragazzino. Oggi il profilo del nostro Circolo è molto più rivolto a un approccio commerciale, e quindi è stato naturale per Francesco ed Edoardo venire a giocare qui. Loro ne sono orgogliosi. Ma vorrei pure ricordare che con il Golf Torino e con Lorenzo Silva abbiamo una importante serie di sinergie. Ci eravamo candidati congiuntamente per i mondiali del 2012 che però, sfortunatamente per noi, sono stati assegnati alla Turchia».
Resta in piedi il suo progetto di ospitare la Ryder Cup del 2018?
«Certamente sì. Sappiamo bene quello che dobbiamo fare e al momento della presentazione delle candidature, nel 2011, noi ci saremo».
A proposito di prospettive, lei una volta ci disse: se un giorno l'Open si facesse al Royal Park mi piacerebbe «catturare» l'imprendibile Tiger Woods. Ora il re del golf è fermo e non si sa se riprenderà a gareggiare entro l'anno. Poiché tuttavia è concreta l'ipotesi che l'Open venga confermato a Torino per un periodo pluriennale, rimane valido il «sogno Woods»?
«Io continuo a coltivarlo e farò tutto il possibile affinché un campione della sua statura e del suo fascino, capace di alimentare entusiasmi tanto grandi, venga prima o poi a giocare sul nostro percorso».
Lei è diventato una delle firme di prestigio del Consiglio federale. Che sapore ha questa nuova esperienza? Come si trova? Ha incontrato invidie o gelosie?
«Sono rimasto molto favorevolmente colpito dal fatto che il gruppo di persone che lavora in Federazione, si applica genuinamente per lo sviluppo del golf».
Dopo l'Open verranno le elezioni per la presidenza del CONI e si annuncia un testa a testa fra Petrucci, attualmente in carica, e Chimenti, che guida la Federgolf. Nel caso Chimenti vincesse la corsa, si aprirebbe la guerra di successione alla presidenza della Federgolf. In quel caso, se qualcuno chiedesse anche a lei ci stai o non ci stai, come si comporterebbe?
«È bene scomporre una risposta. Da un lato, se Chimenti diventasse presidente del CONI sarebbe un grande successo per tutto il nostro golf. Da un altro lato, oggi c'è una convergenza assoluta sul Chimenti presidente della Federgolf e tutti siamo impegnati a far sì che gli obbiettivi che ci siamo dati vengano raggiunti sotto la sua presidenza. Il giorno in cui Chimenti diventasse presidente del CONI, certo si porrebbe la questione di che cosa succede al golf. Tutto andrà valutato soltanto quando, eventualmente, se ne presenteranno le possibilità.

Fino ad allora, se maturerà un allora, io non mi porrò il problema».

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