L’INTERVISTA LUCIANO CANFORA

Luciano Canfora è forse il più famoso tra i filologi classici e gli storici del mondo antico. È un pensatore schierato, fatto di cui non fa mistero, ma è universalmente considerato un «profondo conoscitore della cultura classica», al cui studio egli applica «un approccio multidisciplinare» (parola del Dizionario Biografico degli Italiani). È da anni che si occupa della questione del Papiro di Artemidoro. Per lui è indubbiamente un falso prodotto dall’avventuriero greco dell’ottocento Costantino Simonidis (nato nel 1820 e morto, forse, nel 1890 spacciò papiri e documenti falsi di sua fabbricazione a mezza Europa).
Professor Canfora, cosa pensa dell’articolo di Paolo Morello sul Sole24Ore che difende l’autenticità della foto del Konvolut (l’ammasso di documenti che conteneva il papiro)?
«Non mi sembra risponda davvero alle osservazioni fatte a suo tempo da Silio Bozzi. E poi la questione è più complessa. Quale collezionista di fronte ad un reperto così importante scatta una foto sola ad un documento che sembra una lasagna ripiegata? Perché mancano i negativi? E non le sembra strano che tutti i pezzi desiderati per identificare il papiro risultino stampigliati all’esterno, tutti sul verso giusto del “cartoccio”? Dio deve amare davvero i filologi per aver fatto avvenire una cosa del genere per caso...».
Però lei aveva dubbi anche prima di aver visto lo studio di Bozzi...
«All’inizio ci hanno detto che il papiro si trovava dentro ad una maschera funeraria, poi hanno parlato di “riempitivo di un oggetto sconosciuto”... Lei mi sa dire come faccio a dire che una cosa è un riempitivo se non so cosa riempie? E poi quando eravamo già nel 2008 è spuntata una singola immagine. Una foto sola per un documento di questa importanza. Nessuno prima di aprire un documento così, fa una foto sola... E i dubbi di Bozzi, anche se in maniera meno approfondita, li avevano in parte espressi al Politecnico di Bari quando mostrai l’immagine».
Ma quali sono invece le questioni filologiche che le hanno sempre fatto dire che il documento è un falso?
«Ci sono questioni linguistiche e grafiche come l’uso dell’abbreviazione stad con la delta soprascritta per la parola stadion. È tipica di testi molto più tardi e si trova proprio in testi che Simonidis ha sicuramente consultato e che potrebbe aver usato per confezionare il suo falso. Questa abbreviazione non è usuale in nessun manoscritto antico. E poi ci sono anche errori come quello relativo ai territori lusitani e alla Hispania ulterior... Senza contare che ci sono passi e citazioni chiaramente riferibili a scrittori più tardi che Simonidis ha scopiazzato e legato l’uno all’altro con una zoppicante conoscenza del greco antico. E questo non sono solo io a dirlo...».
A questi suoi rilievi cosa rispondono i sostenitori dell’autenticità del documento come Salvatore Settis?
«Di norma non rispondono nel merito, parlano d’altro... O tirano fuori una fotografia».
Allora faccio l’avvocato del diavolo: il papiro, inteso come il supporto di fibre vegetali, è sicuramente antico, e il tipo di inchiostro corrisponde a quello usato all’epoca di Artemidoro...
«Simonidis spacciò falsi documenti a fior di esperti. Non era difficile all’epoca procurarsi dei papiri antichi e scriverci sopra. Quanto all’inchiostro al nerofumo per conoscerne la composizione esatta basta aver letto Plinio o Vitruvio. Non era certo un ostacolo per personaggi come Simonidis... Esattamente come copiare la grafia del primo secolo. Non ci si può basare solo su elementi come questi.

Già nel 1853 Andreas Mordtmann sulla Allgemeine Zeitung lanciò l’allarme sulla bravura di Simonidis e la sua capacità di “imitare tutte le possibili scritture persino per quel che riguarda l’inchiostro”. Ne Il Viaggio di Artemidoro queste vicende le racconto in dettaglio».

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