L’INTERVISTA MARCO COLOMBO (CONFARTIGIANATO)

«Noi giovani abbiamo ancora voglia di fare impresa: ma i ritardi nei pagamenti e le difficoltà di accesso al credito ci stanno strangolando. Se la politica non ritrova il suo ruolo e non interviene sui problemi veri, rischiamo di scomparire». Marco Colombo, presidente dei giovani imprenditori di Confartigianato, ha appena concluso l’assemblea nazionale dell’associazione a Firenze, un osservatorio privilegiato sui problemi della categoria.
Qual è l’ostacolo più grave?
«I ritardi nei pagamenti colpiscono un’impresa su due, che abbia a che fare con i privati o con la pubblica amministrazione. C’è chi è in attesa di avere il dovuto da 12 mesi: anche subfornitori di grandi imprese, che non vogliono rifiutare il cliente, ma sono a secco di liquidità. E rivolgersi al tribunale non aiuta».
Perché?
«I ritardi della giustizia civile sono ormai insostenibili, soprattutto per chi non può permettersi di aspettare per incassare quello che gli spetta: senza parlare dei costi dei procedimenti, spesso più elevati di quello che si riuscirebbe a recuperare. Così, un’impresa su tre preferisce mettersi d’accordo col debitore, pur di portare a casa qualcosa: ma così rinuncia in media al 36% dell’importo dovuto».
Per i giovani è più difficile?
«Certo: il costo della crisi lo pagano soprattutto loro. A livello generale, in Italia gli occupati sotto i 40 anni sono diminuiti più della media europea: ma nonostante tutto, siamo i primi nell’imprenditoria giovanile, tanto che nel 2009 sono nate 4.600 nuove aziende artigiane guidate da giovani».
Buon segno.
«Ma molte moriranno subito: strangolati dai ritardi di pagamento, respinti dalle banche a cui chiedono credito perché non offrono abbastanza garanzie, molti giovani imprenditori gettano la spugna. In compenso, chi resiste fa fatica a trovare manodopera qualificata».
I famosi mestieri che nessuno vuole più fare?
«Falegnami, elettricisti, ma anche fornai e parrucchieri: ci sono 23mila posti di lavoro che nessuno occupa. D’altra parte, le nostre sono aziende piccole: ognuno ha il suo ruolo, ci vogliono figure specializzate».
L’ultimo anno dell’obbligo si potrà fare da apprendisti: questo vi aiuterà?
«È un fatto positivo, perché l’apprendistato è da sempre la porta d’ingresso nell’artigianato, ma servono regole chiare che certifichino l’alternanza scuola-lavoro. Non vorrei che passasse il messaggio “chi non ha voglia di studiare venga qui” ci servono ragazzi capaci di lavorare in gruppo e che vogliano mettere a frutto il loro studio».
La giustizia, le banche, la scuola: e alla politica che cosa chiedete?
«Che faccia il suo ruolo, e si concentri sui problemi reali del Paese.

Solo così noi imprenditori potremo ritrovare la fiducia: dobbiamo vedere iniziative concrete, ad esempio, per ridurre il debito pubblico, così che si possa cominciare a lavorare sulla riforma fiscale, ridurre le tasse e gli adempimenti burocratici, riqualificare il tessuto produttivo a favore delle piccole imprese. Attenzione: se si aspetta troppo, il rischio è che fra qualche anno le nostre aziende non ci siano più».

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