L’intrigo costituzionale sulla grazia a Sofri

Alessandro Massobrio

È possibile raccontare una vicenda politico-costituzionale con il pathos di un romanzo giallo o, meglio ancora, di una commedia d'ambiente, come ne avrebbe potuto scrivere Ugo Betti, quando in Corruzione al palazzo di giustizia, risaliva dal mondo cangiante degli uomini a quello immutabile della metafisica?
Sì, è possibile, quando a scrivere è Paolo Armaroli, ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università di Genova, parlamentare di AN nella scorsa legislatura e stella di prima grandezza in ambito di diritto costituzionale. Uno stile vivace e fluido, quello di Armaroli, scorrevole ed agile, sempre capace di tirar fuori la battuta ad effetto, l'osservazione spiritosa, il doppio senso spiazzante. Anche quando, come nei primi capitoli di questo libro, si va errando in quel deserto dei tartari che è costituito da una giurisprudenza sterminata, senza un inizio ed una fine.
Ebbene, in tutta questa desolazione, Armaroli - scusateci il gioco di parole - non disarma dal suo proposito di movimentare e rendere degna di una rappresentazione drammatica la vicenda Sofri. Intendiamoci bene, nonostante la più che evidente posizione contraria alla grazia, l'autore di questo saggio non ne fa - come direbbe la sinistra - una questione ad personam. Per Armaroli, il Sofri attuale non è neppure lontano fratello dell'ideologo di Lotta Continua che, quanto meno, fu colpevole di aver creato intorno alla figura del commissario Calabresi quella nuvola di odio e di vendetta da cui sarebbero poi partiti, come saetta da una nube temporalesca, i colpi dei killer rossi.
L'attuale Sofri è un riservato scrittore che, se inonda periodicamente le pagine di innumerevoli quotidiani con le sue più o meno discutibili opinioni, non per questo è immeritevole della grazia del capo dello Stato. No, il nemico numero uno di Armaroli è un altro. Il suo nome è quello di Marco Pannella e la sua professione abituale quella di provocatore.
Che Pannella sia un provocatore ed un provocatore di genio non esistono dubbi. La genialità di Pannella consiste tutta in quell’oportet ut veniant scandala, è necessario che accadano scandali, che è una sorta di motto od esergo araldico che al leader radicale sembra indispensabile alzare in ogni arena politica.
Accade così che il caso Sofri si trasformi per Pannella non tanto in uno scontro sull'innocenza di un presunto colpevole o sulla redenzione di un colpevole comprovato, quanto piuttosto sulla potestà del presidente della Repubblica di concedere o non concedere la grazia. Una potestà assoluta, maiestatica - come fa osservare Armaroli - tipica più di una monarchia assoluta che di una democrazia moderna, che pure il laicissimo Pannella vorrebbe fosse ancora conservata nell'Italia del 2006.
E non fa niente se la carta costituzionale, letta nella sua interezza e non estrapolata ad libitum, chiaramente ci fa intendere che la potestà di concedere la grazia è da leggersi come un atto duale, in cui, se il presidente della Repubblica è il proponente, il guardasigilli non può non essere che il ratificante. Vale a dire colui che con la sua firma conferma e comprova l'atto di clemenza invocato.
Un atto di clemenza, oltretutto, mai apertamente richiesto da Adriano Sofri, che si è sempre rifiutato, nella sua presunzione di innocente perseguitato, di invocare da parte del capo dello Stato un simile provvedimento. Sicché il panorama, poco a poco, si allarga a dismisura sotto i nostri occhi, visto che a Pannella e Sofri vanno ad aggiungersi un tenace Castelli, un meno tenace e più irresoluto Ciampi, un Ignazio La Russa che, almeno in quest'ambito, punta i piedi e fa resistenza ed un Silvio Berlusconi, invocato a gran voce da Pannella che, ben consapevole delle sue prerogative e dei limiti di quelle prerogative stesse, si guarda bene da una sovraesposizione non richiesta e, tutto sommato, incostituzionale.
Paolo Armaroli, in tutta questa caotica sceneggiata - tragica ma non troppo, comica ma mica tanto - ci sta da autentico regista super partes. Svolge un po' la parte dell'io onnisciente del romanzo d'avventura ottocentesco.

Sa tutto ma finge di non sapere e, quando non finge, rivela un tale superiore e scettico distacco da far cadere le braccia a certi attori troppo accalorati. Un nome per tutti? Beh, ovviamente, ancora una volta Pannella.
Paolo Armaroli, Grazia a Sofri? Un intrigo costituzionale, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006, pag. 272, euro 15,00.

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