L'inutile figuraccia di Malinconico: paga l'hotel fuori tempo massimo

In Veneto si dice «pezo el tacón del buso». Peggio la toppa dello strappo. Hai rubato la marmellata. Ti hanno scoperto dopo anni. Tu prima neghi, poi cadi dalle nuvole e pensi di cavartela ricomprando il vasetto e rimettendolo al suo posto come se niente fosse. Non si fa. Il problema non sono i 20mila euro scarsi, che pure rappresentano lo stipendio annuale di tanti operai ma per l’avvocato Carlo Malinconico costituiscono il prezzo di un favore avuto da un conoscente.
La questione è diversa. È che l’ex sottosegretario di Palazzo Chigi dal cognome triste e dal comportamento sventurato pensava bastasse aprire il portafogli per chiudere la faccenda. Ma qui sono in gioco l’etica pubblica, la trasparenza, le frequentazioni pericolose di un membro dell’immacolato governo dei professori.
Che cos’ha fatto il povero Malinconico? L’altro giorno, dopo giorni di furibonde polemiche sulle sue vacanze di lusso pagate da Francesco De Vito Piscicelli, ha pensato bene di fare un bonifico all’esclusivo cinque stelle dell’Argentario che l’aveva ospitato in tre occasioni tra il 2007 e il 2008. Aveva negato, smentito, sostenuto di non sapere chi avesse pagato quei ricchi soggiorni quando era segretario generale di un presidente del Consiglio che si chiamava Romano Prodi.
Invece ancora ieri, dalle pagine di Repubblica, il costruttore della «cricca» finito in carcere per corruzione in relazione ad alcuni appalti di opere pubbliche tra cui i lavori per il G8 (uno dei processi è in corso), ha ripetuto che «Malinconico sapeva bene che offriva Balducci e io ero l’intermediario con l’albergo». Angelo Balducci è il funzionario della Protezione civile accusato di essere il perno della «cricca» degli appalti.
Per anni ha ignorato, per settimane ha negato. Improvvisamente, quando il clima si è fatto così incandescente da scaldargli troppo il sedile della poltrona, il sottosegretario di Mario Monti ha deciso il grande gesto. Pagherà caro, pagherà tutto. Lunedì ha ordinato di versare 19.876 euro sul conto corrente dell’hotel Pellicano di Porto Ercole aperto nella locale filiale del Montepaschi. Preciso al centesimo, questo tecnogoverno dei professori. Causale: «Soggiorni 2007-2008».
Con in tasca la sua bella contabile bancaria con cui pensava di essersi ripulito il curriculum e la coscienza, martedì mattina Malinconico si è presentato a Palazzo Chigi convinto di poter archiviare il caso. Dopo un faccia a faccia di alcune ore, sappiamo com’è finita: con le dimissioni. «È stato trememdo, provo molta molta amarezza», ha piagnucolato ieri sul Corriere, che - commosso a sua volta - lo ha dipinto come «un uomo esile, stanco, chiuso nel sobrio cappotto blu abbottonato fino al collo».
Pagare quelle vacanze cinque anni dopo è stato un gesto inutile, un’ammissione di colpa tardiva quanto sterile. Talmente ridicola che attorno al bonifico si è sviluppato un penoso balletto. Ho rimborsato tutto, ha assicurato Malinconico dopo le dimissioni. Non ho ricevuto un soldo, ha ribattuto l’albergatore, Roberto Sciò, precisando che comunque il professore non gli doveva nulla perché tutto era già stato pagato all’epoca da De Vito Piscicelli. Guarda che il denaro arriverà, ha insistito l’avvocato.
Ieri mattina la somma si è effettivamente materializzata in banca. E il padrone del cinque stelle che ha fatto? Come promesso, l’ha rispedita al mittente. Per lui, la vicenda si è chiusa da anni. E anche l’amicizia con Piscicelli, che pure gli procurava clienti importanti e incassi sicuri, è archiviata da tempo.
Sono lontani i tempi in cui il denaro che scotta veniva restituito in contanti, di nascosto, senza clamori, chiuso in una sobria scatola da scarpe. Come fece il pm Antonio Di Pietro quando rese 100 milioni di lire avuti in prestito per ristrutturare casa e acquistare una Mercedes usata. L’assicuratore Giancarlo Gorrini glieli aveva dati nel 1989 considerandoli un regalo, ma Tonino dopo cinque anni, prima di abbandonare la toga per abbracciare la politica, preferì pareggiare i conti.


La scatola da scarpe è ruspante mentre il bonifico bancario è tecnico-professorale. Per il resto le storie di Di Pietro e Malinconico sembrano parallele. Amicizie discusse, memorie ritrovate, favori costosi, soldi che vanno e vengono. E dimissioni.

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