Perché Pio XII non denunciò pubblicamente nellottobre 1943 la razzia degli ebrei di Roma? Che cosa fu fatto concretamente dalla Santa Sede e dagli istituti religiosi della capitale per la salvezza dei perseguitati? Con grande rigore e una mole notevole di documenti e testimonianze inedite lo storico Andrea Riccardi ha ricostruito i mesi delloccupazione nazista di Roma nel libro Linverno più lungo (Laterza, pp. 404, 18 euro) raccontando i tanti tentativi di salvataggio messi in atto, le resistenze, le difficoltà.
Il lavoro di Riccardi consegna al lettore una realtà complessa, dove non sono facili le semplificazioni. «La Chiesa di Pio XII ha scritto lautore allepoca era una realtà piuttosto marginale, isolata in unEuropa dove dilagavano i nazisti, in una Roma dove la guardia germanica stava sotto le finestre del Papa». Pio XII, secondo Riccardi, aveva la percezione di questa debolezza che «lo spingeva tra laltro alla prudenza. Aveva peraltro un senso altissimo e unico della missione della sua Chiesa». Ma - aggiunge lo storico - «temeva i nazisti e la loro ferocia. Temeva le ritorsioni sui cattolici, su quelli tedeschi (pensando anche alla loro permeabilità), sugli ospiti dellasilo cattolico e papale». Per questo «non decise per una condanna profetica, come qualcuno avrebbe desiderato allora e molti dopo i fatti».
Riccardi mette in evidenza come gli sforzi per salvare vite umane non furono sempre concordi, segnala resistenze e difficoltà, ma dalle pagine del suo libro emerge come Papa Pacelli, che pure aveva scelto latteggiamento della prudenza verbale, abbia dato notevole impulso allattività caritativa. I conventi e gli istituti religiosi si riempirono di ebrei e di perseguitati politici, Pio XII sapeva e dietro la mancata denuncia cè anche la difesa delle vite di migliaia di persone rifugiate negli scantinati e nelle soffitte.
Quasi duemila sono gli ebrei che vengono catturati e muoiono sterminati nei lager nazisti e alle Fosse Ardeatine. Per altri diecimila sono mesi dangoscia, di incubo, di violenza.
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