Gianni Clerici
I delicati rapporti fra cuore e cervello sono stati oggetto di una giornata di studio che si è tenuta a Venezia, nellaula magna del settecentesco ateneo veneto, con la partecipazione di cardiologi, neurologi, radiologi e chirurghi vascolari.
Particolarmente interessante è stata la relazione del professore Andrea Semplicini, delluniversità di Padova, il quale ha illustrato le linee-guida adottate in Italia per la prevenzione dellictus cerebrale, sottolineando il ruolo decisivo che in questo drammatico evento ha lipertensione arteriosa (in Italia ci sono oltre venti milioni di ipertesi; solo il 25% dei quali si sottopone a terapie farmacologiche di lunga durata). A sua volta il dottore Giorgio Levedianos, cardiologo presso lospedale San Camillo di Lido di Venezia e organizzatore della riunione, ha ricordato che la prevenzione è la scelta più giusta per ridurre le pericolose conseguenze dellictus. La situazione è preoccupante. Ogni anno in Italia si registrano 200mila nuovi casi: cinquantamila muoiono entro il primo mese, centomila sopravvivono ma con seri danni al sistema motorio (in pratica diventano invalidi) e i restanti cinquantamila sopravvivono senza gravi menomazioni. Ancora oggi lictus cerebrale è in Europa la prima causa di invalidità permanente e la terza causa di morte. In Europa alla giornata di studio promossa dai padri camilliani di Venezia hanno portato un notevole contributo i neurologi che operano nelle «stroke unit», unità ospedaliere multispecialistiche che seguono i soggetti colpiti da ictus fino alla fase della riabilitazione; ma si è parlato anche di un «recupero neuropsicologico»: i dati presentati in proposito dalla dottoressa Francesca Meneghello autorizzano qualche speranza.
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