nostro inviato a Genova
Senza pudore. Per andare a Genova a insultare le forze dell’ordine, i disobbedienti scrocconi non solo pretendono di viaggiare gratis ma esigono di arrivare in orario. E se il biglietto alla fine se lo devono pagare (seppur scontato) e il treno porta ritardo (come tutti i santi giorni) ecco che decidono di inveire contro il management di Trenitalia reo d’aver remato contro la manifestazione. La rabbia è tale che in serata, a corteo terminato, alla stazione di Genova un gruppo di manifestanti aggredisce un controllore, spintonandolo e buttandolo sui binari. Il piagnisteo collettivo è diventato presto un efficace tam tam mediatico. Da Milano a Napoli, da Padova a Bologna, tutti i no global hanno protestato per i «carri bestiame» e i «vagoni dimenticati nelle stazioni». Piange Francesco Caruso, parlamentare-masaniello di Rifondazione comunista. «Abbiamo fatto 14 ore di viaggio senza luce e senza acqua». Piange Luca Casarini, speaker dei centri sociali del Nord Est: «Se è il Family Day trasportano le folle e qui ci rompono le scatole anche se ci sono le garanzie». Trenitalia non si commuove. Pazienta, prende tempo, alla fine replica dura: «Nessun disservizio. La richiesta di due treni charter per trasportare i manifestanti a Genova è stata avanzata dagli organizzatori che hanno acquistato i due treni da Napoli e Padova. Quanto al prezzo del biglietto è stato calcolato applicando lo sconto comitive previsto dalla normativa per gruppi superiori a 10 persone».
La risposta dei poliziotti ai manifestanti si concretizza, invece, con la provocatoria esposizione in dieci piazze di estintori identici a quello che Carlo Giuliani avrebbe voluto scagliare contro la camionetta dei carabinieri in piazza Alimonda. Chi sta dalla parte dello Stato si dà appuntamento lontano dal corteo: in piazza della Vittoria, dirimpetto la questura, o a piazzale Crispi o lungo via Oberdan e in altre sette piazze. Ovunque campeggia un serbatoio antincendio con sotto la scritta: «Attenzione: non serve per spegnere incendi». Promotore dell’iniziativa che per tutta la giornata ha ricevuto il plauso di cittadini e colleghi è Franco Maccari, segretario del sindacato di polizia Coisp, lo stesso che in occasione dell’ultima ricorrenza dell’uccisione del no global al G8 s’è inventato un convegno dal titolo provocatorio: «L’estintore come strumento di pace» a cui - a leggere la locandina - erano stati invitati tutti, «tranne gli ex terroristi, i disobbedienti e i black bloc» nonché «la signora Haidi Giuliani» ripetutamente querelata dal sindacato per certe parole poco gentili consegnate ai giornali.
Di provocazione in provocazione, nel pomeriggio, i poliziotti tornano sul luogo del delitto «occupando» per un’ora il luogo sacro dei disobbedienti proprio sotto la scritta di piazza Alimonda corretta con lo spray piazza Carlo Giuliani, un ragazzo. Qui rispondono alle domande dei passanti. Qui fanno volantinaggi per ridare decoro alla polizia. «Qui torneremo ufficialmente l’anno prossimo - tuona Maccari al termine del sopralluogo - perché questa piazza deve tornare, anche simbolicamente, nelle mani dello Stato. L’autorizzazione l’abbiamo già chiesta, e ci è stata concessa. Ci rivediamo qui il 20 luglio 2008».
Maccari parla a nome di tutti i poliziotti. Quando Maccari arringa in piazza Alimonda, guarda la coincidenza, il cellulare trilla di nuovo: è Mario Placanica, il carabiniere che proprio in questa piazza ha ucciso per non essere ucciso.
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