L’isola sogna la ricostruzione e si sveglia con un’altra scossa

MIRACOLI Altre persone estratte dalle macerie: sono 121. Frattini: «Coordinamento internazionale per le adozioni degli orfani»

Non ci sono più i mucchi di cadaveri, accumulati in anonime fosse comuni lunghe trenta metri e profonde sei, ma Port-au-Prince resta comunque nel caos. Ci sono ancora zone della città in cui gli aiuti non arrivano. O arrivano a singhiozzo. E, nonostante questo, si cominciava a pensare al dopo, a come ricostruire, a come superare l’emergenza. Tanto che Dominique Strauss-Khan, il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, ha lanciato l’ipotesi di chiedere al mondo qualcosa di simile a «un piano Marshall» per far risorgere l’isola. Gli ha fatto eco l’appello lanciato dal presidente haitiano René Preval che, intervistato dal quotidiano francese Le Monde, ha invitato la propria gente ad autorganizzarsi, a reagire: «Un Paese non può morire, un popolo non può morire».
Parole di speranza, dopo tanto dolore. Ma a far tornare lo sconforto ci ha pensato il ritorno del terremoto: ieri mattina la terra ha tremato di nuovo. Port-au-Prince, svegliata da una scossa di 6.1 gradi Richter, è stata rigettata nel panico. Il nuovo sisma ha fatto crollare alcuni palazzi lesionati nel popoloso quartiere Carrefour. Nel caos della città, difficile quantificare i danni, ma secondo le voci raccolte dall’ambasciatore italiano ad Haiti Giovanni De Matteis, ci sarebbero state nuove vittime.
Nonostante il nuovo episodio, le ricerche delle persone sepolte sotto le macerie vanno avanti, e ancora ne vengono estratte alcune vive. Al Caribbean Market, dove si trovava l’italiano Antonio Sperduto, le ricerche sono state interrotte. Intanto, è sceso a due il numero di connazionali che mancano ancora all’appello: il bilancio è sinora di due decessi e due persone per le quali la Farnesina evidenzia «ragioni di serissima preoccupazione». Nella tarda serata di martedì (le prime ore del giorno in Italia) i soccorritori hanno tratto in salvo un bambino e una bambina, di 8 e 10 anni e una neonata di 15 giorni appena, sopravvissuta senza cibo e acqua. Il miracolo è stato compiuto da un team americano dei vigili del Fuoco e della polizia di New York. Il bilancio complessivo delle persone estratte sino ad oggi vive dalle macerie è di 121, rende noto l’Onu, con dati che crescono di ora in ora e spesso non tengono conto delle operazioni di soccorso portate a termine con successo dai parenti delle vittime o da volontari non inquadrati nei team internazionali di soccorso.
La mobilitazione prosegue intanto anche in Italia. In un messaggio di cordoglio per i funzionari Onu morti ad Haiti, il presidente della Repubblica ha assicurato al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, che «l’Italia non farà mancare il proprio sostegno alle iniziative di solidarietà con il popolo haitiano e con la causa della rinascita di Haiti». Oggi stesso il capo della nostra Protezione civile partirà per un sopralluogo nell’isola caraibica, come annunciato ieri da Silvio Berlusconi. Lo scopo di Guido Bertolaso è mettere a frutto la generosità dei tanti italiani che hanno fatto donazioni e coordinare gli aiuti per evitare sprechi.
Intanto resta sul piatto il tema delle adozioni dei bimbi di Haiti. C’è chi, come il Canada, ha deciso di istituire una corsia preferenziale. «L’Italia - ha annunciato il sottosegretario Carlo Giovanardi - se il governo haitiano richiederà ospitalità temporanea per i bambini, potrà ospitarli, ma solo nelle comunità, non nelle famiglie».

Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha parlato invece della necessità di un coordinamento internazionale della politica delle adozioni, per evitare che i bambini rimasti orfani siano abbandonati e «via via scompaiano».

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