L’Italia con la business card ha nostalgia dell’antico

Caro Paolo, questo non è un Paese per vecchi. No, non mi riferisco al Texas, ma all’Italia. Come sai le nostre Poste si sono modernizzate strombazzando iniziative giallo canarino come la BusinessCard, di cui mi sono munito per evitare la fila. Stamani, in un centralissimo ufficio milanese, mi sono piazzato davanti allo sportello apposito. Sì, c’era un po’ di fila anche lì, ma sempre minore dell’altra (quest’ultima quasi sempre comincia fuori dall’ufficio postale: in questi giorni di allarme afa, sotto il sole). Arriva il mio turno e, per fortuna, leggo a sinistra dello sportello: «Servizio bancomat momentaneamente inattivo». L’impiegata mi spiega che lei, anzi, la macchinetta apposita non ce l’ha proprio. Dunque? Devo fare la fila, quella classica. Come sai, l’elettronica non perdona: o hai tutti i pezzi in sequenza o torni alla manovella (in questo caso, il contante). Per questo andrò a trascorrere la vecchiaia, quando cioè le forze mi verranno meno, in Svizzera. Il nostro non è un Paese per vecchi.


Quando lessi che il governo avrebbe istituito la «card» per gli anziani e i pensionati, mi vennero i sudori freddi, caro Rino. Nutro cieca fiducia in Berlusconi e in Tremonti e dunque non mi sfiora il dubbio che quella della «card» sia promessa di marinaio. Ciò che mi preoccupa è la scelta di un mezzo di pagamento così all’avanguardia - una carta di credito, roba da fantascienza - per quel pachiderma pelandrone della nostra pubblica amministrazione. Fanaticamente devota alla carta e alla penna, alla triplice copia, ai timbri e alle firme in calce e/o a tergo, al certificato e alla autenticazione notarile, agli allegati e alla raccomandata RR, all’entro e non oltre, al piego e all’addì, ai sensi e per gli effetti, al mancato accoglimento e alla norma suesposta, all’utenza sopra specificata e ai requisiti necessari. Essendo quella la «cultura», è comprensibile che la brontoburocrazia abbia in orrore i rettangolini di plastica muniti di un chip che immagazzina tutta la «documentazione richiesta», veri strumenti del demonio agli occhi dei consacrati al supporto cartaceo. Però del demonio la brontoburocrazia ne sa sempre una in più (ma è probabile che ne sappia dieci o dodici, in più) e se se li vede imposti, i rettangolini di plastica, gioca di rimessa: facendo mancare o provvedendo che sia «temporaneamente inattivo» l’apposito marchingegno che, una volta ingoiata la «card», ne trae il necessario all’«espletamento della pratica».
Così è accaduto a te con la «BusinessCard» delle Poste (e pensare che ero lì lì per provvedermene anch’io), così capita con sospetta frequenza a chi deve vedersela con l’informatica di Stato, schiere di cittadini alle quali si aggiungeranno presto anziani e pensionati beneficiati dal provvedimento governativo.

E a meno che non avvenga il miracolo, cessino le «temporanee inattività» e compaiano come per incanto le attrezzature necessarie a rendere quel pezzo di plastica un efficace mezzo di pagamento o di riscossione, la tua sconsolata considerazione troverà piena conferma: questo non è un Paese per vecchi (sempre che i giovani siano felici di fare le code e soddisfatti di una pubblica amministrazione che marcia come ai tempi del piccolo scrivano fiorentino).

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