Pensare che bastava venisse da noi e sarebbe stata tutta unaltra Storia, con la esse maiuscola. Eliminare Khomeini era facile, scoprire chi lo aveva fatto impossibile. Niente più rivoluzioni islamiche, niente più regime degli ayatollah, niente più Ahmadinejad che non è poco. E invece niente. Inaffidabili anche nella confusione. È bastato che il Centro studi iraniano rendesse pubblico a Teheran alcuni documenti della Savak, la polizia segreta dello Scià per rimediare la solita figura allitaliana. Tutto comincia e finisce nel 1978: cacciato dallo Scià di Persia Khomeini trova accoglienza a Neauphle-le Chateau, alle porte di Parigi, protetto dal governo francese. Sembra un innocuo vecchietto ma non è così: predica la guerra santa, fa proseliti tra i fanatici, Ahmadinejad compreso, grazie anche a decine di migliaia di audiocassette che scaricano i suoi sermoni in Iran e dintorni. Luomo è pericoloso. E Parigi cambia idea. Così per impedire il crollo di Reza Pahlavi e contagi integralisti i servizi segreti francesi pianificano leliminazione dellayatollah. Già, ma dove? In Francia nemmeno a parlarne, sarebbe un boomerang pazzesco. Poi il conte Alexandre De Marenche, capo degli 007 francesi, si mette in testa unidea meravigliosa: «Mandiamolo in Italia», scrive al generale Nasser Moghaddam, che guida i servizi segreti iraniani. Lidea ha una sua logica: «Bisogna cercare di convincere Khomeini a trasferirsi a Roma, dove è molto più facile eliminarlo, perché la situazione laggiù è talmente caotica che nessuno riuscirà mai a risalire ai mandanti».
Non che avessero tutti i torti. In quegli anni le Brigate erano imprendibili, la mafia invisibile e le stragi impunite. Il posto ideale per un mordi e fuggi. Ma di mezzo cera un nemico imprevisto: il Partito comunista italiano. «È vero che in Italia regna il caos - la risposta del generale iraniano a De Marenche - ma tenuto presente del potere dei comunisti in questo paese e valutando lappoggio di questi allayatollah e ai suoi sostenitori, eliminare Khomeini potrebbe produrre leffetto contrario e fare di lui un martire».
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