L’Italia divisa a metà: dall’evasione

A Ragusa si consuma più benzina ed energia elettrica che a Milano. E a Crotone più auto di lusso che a Biella. Incrociando redditi dichiarati e consumi si scopre che il Sud vive al di sopra dei propri mezzi. Grazie al "nero"

L’Italia divisa a metà: dall’evasione

Enza Cusmai
Giuseppe Marino


Milano - Per dare l’idea di quanti evasori siano stati pizzicati con le mani (fuori) dal 740 negli ultimi sei anni, il centro studi degli Artigiani di Mestre ha usato una metafora: a riunirli tutti, potrebbero riempire una città come Taranto. I ricercatori della Cgia hanno scelto a caso il capoluogo pugliese. Ma se avessero avuto sottomano la mappa geografica dell’evasione fiscale, si accorgerebbero di aver pescato una delle città che meriterebbe un approfondito esame da parte dell’Agenzia delle entrate.

Il capoluogo pugliese, come quasi tutto il Mezzogiorno, vive abbondantemente al di sopra dei propri mezzi. Come fa il crotonese medio, che guadagna 13.500 euro l’anno, a comprare più auto di lusso di chi vive a Torino o a Biella? E come fa il ragusano a consumare il doppio della benzina dell’abitante di Cuneo, e più energia e carburante perfino del milanese?

A porre la domanda è il clamoroso risultato di una ricerca elaborata dal Centro studi Sintesi di Venezia, una società di ricerche economiche e di mercato che ha fatto due conti semplici semplici: ha incrociato, provincia per provincia, i redditi medi che risultano dai dati ufficiali con quelli relativi ai consumi. Il risultato è inquietante: i redditi medi del Sud sono quasi la metà di quelli del Nord Italia. Eppure molte province meridionali consumano più benzina ed energia elettrica, hanno visto il numero di auto di lusso in circolazione superare quello di città del Nordest da sempre tacciate di essere capitali dell’evasione fiscale, i conti in banca crescere molto più in fretta di quelli di solide città industriali del Nord.

L’imponibile sottratto alle casse dello Stato, dicono le stime della Cgia, ammonta a circa 200 miliardi di euro l’anno e da sempre a essere crocifissi sono i piccoli imprenditori del Nordest, gli idraulici della Brianza, i dentisti delle grandi città. Che pure avranno le loro magagne da spiegare al fisco. Ma questa ricerca fa luce anche sulla reale entità del «nero» al Sud.

I redditi percepiti a Taranto, tanto per restare nella città dell’esempio iniziale, sono distanti anni luce dal tenore di vita assunto dai suoi abitanti che, in media, dichiarano un reddito di circa 13.500 euro l’anno ma spendono di benzina ben 248 euro a testa e vivono in una città in cui più di una casa su dieci è di lusso. Ma non è solo Taranto a mettersi in cattiva luce nei confronti del fisco. È in buona compagnia assieme a Crotone, Caserta, Siracusa, Catania.
Insomma al Sud, si spende più di quanto si guadagna con evidenti incongruenze tra i redditi percepiti e il tenore di vita assunto. Basta controllare alcuni indicatori significativi per rendersene conto: consumi alimentari, energia elettrica, benzina, immatricolazioni di autovetture di grossa cilindrata, apertura di depositi bancari a dispetto della crisi, abitazioni di pregio esistenti. Tutti segnali che invitano a diffidare delle ricorrenti grida di allarme lanciate dalle statistiche sul Sud, terra di disoccupazione permanente. In realtà, questa denuncia rivela che non basta presentare un reddito misero per essere poveri. Bisogna verificare se, in realtà, è il solo stipendio denunciato al Fisco che entra davvero in famiglia.

E sulla base di questa classifica provinciale, l’Italia sembra spaccata in due. Congruenza tra redditi e stili di vita si riscontrano nelle province del Nord-Italia e nella dorsale adriatica. Il premio delle più corrette? Va a Prato, Bologna, Forlì-Cesena.

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