Tra l’Italia e l’oro olimpico il pericolo è (anche) l’Australia

Cinque ori, sette argenti e nove bronzi: in totale fanno ventuno medaglie, raggranellate dalla spedizione azzurra in una decina di giorni di competizioni continentali. Meglio di noi ha fatto solamente la Russia; Francia, Spagna, Germania e Olanda ci inseguono con un pizzico di invidia. A Budapest, due anni fa, le medaglie furono 22 ma, si sa, nell’anno olimpico preparazione e allenamenti sono studiati in funzione dell’appuntamento a cinque cerchi. Cosa resta, dunque, di quest’europeo? Resta un movimento in netta e continua ascesa che dopo l’exploit di Sydney 2000 non si è seduto sugli allori olimpici ma, trainato dalla forza dei «vecchi» - Rosolino e Brembilla su tutti -, ha trovato in Federica Pellegrini, Alessia Filippi e Filippo Magnini i campioni di oggi e, speriamo, di domani. Questi tre saranno i nomi su cui puntare per Pechino, ma attenzione. Già, bisognerà fare molta attenzione. Perché se dalle piscine di Eindhoven è uscita un’Italia tutto sommato in salute, anche altrove non stanno affatto male. Le sirene australiane, ad esempio, stanno suonando già da un pezzo: nel nuovissimo continente, dove si stanno svolgendo le qualificazioni olimpiche, non passa giorno senza che un record mondiale venga polverizzato, in una sorta di botta e risposta con l’Europa. Alessia Filippi vince l’oro nei 400 misti e si candida per una medaglia olimpica? Stephanie Rice risponde abbassando di 1 secondo e 43 centesimi il record della statunitense Katie Hoff.

Filippo Magnini fatica a contenere la stella nascente d’oltralpe Alain Bernard nei 100 stile libero? Eamon Sullivan replica sfiorando per soli 5 centesimi il record di Bernard e avvisando tutti quanti: «In finale (oggi, ndr) posso fare di meglio». L’Italia e il mondo intero sono avvisati.

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