Politica

Ma l’Italia non andrà verso un "bipolarismo etico"

Ora che le asce di guerra roteanti attorno al corpo di Eluana Englaro sono state sotterrate, è finito lo «scontro ideologico» denunciato dall’Osservatore romano, presunti assassini e presunti sciacalli sono tornati alle consuetudini parlamentari, si può ricominciare a discutere di politica. Questi giorni di duro confronto sulla «fine vita» sembrano aver persuaso più di qualcuno, nel Popolo della libertà, che la battaglia bioetica rappresenti una sorta di cominciamento, un primo pilastro di quella che sarà la futura identità del grande partito del centrodestra che nasce a fine marzo. La compattezza del governo e dei numeri della maggioranza parlamentare sembrano sostenere questa interpretazione, che vede nel discrimine sui temi etici una nuova «frattura» - un cleavage dicono i politologi - che può strutturare il conflitto politico. Abbiamo di fronte a noi l’arrivo di un «bipolarismo etico» che, nel caso italiano, fonde orientamento politico e orientamento religioso? C’è chi lo crede, e c’è pure chi crede, in una quasi dichiarata voglia di riportare la religione al ruolo secolare di instrumentum regnii, che Papa Ratzinger sia il più grande ideologo di destra vivente, roba da far rabbrividire i cattolici credenti ma che circola nel dibattito politico e culturale. Altri numeri e altri ragionamenti, però, rendono questo percorso meno chiaro e potenzialmente scivoloso per il futuro della democrazia e del bipolarismo italiani. Se una data posizione politica definisce l’identità di un partito, ciò significa che è condivisa solo da quel partito, e dunque fa la differenza con gli avversari. Ma il comportamento parlamentare sul «caso Eluana» (e, in passato, su altre questioni a forte connotazione etica come la fecondazione assistita o le coppie di fatto) è stato invero più articolato, visto che sono emerse nella maggioranza alcune (poche) contrarietà al Ddl e nella minoranza molte voci favorevoli, dall’Udc ai cosiddetti teodem, persino tra i dipietristi. Potremmo domandarci cosa sarebbe accaduto nel comportamento dei ministri, nei numeri parlamentari e nella veemenza dello scontro, se il premier non avesse deciso di intestarsi con limpidezza le ragioni di chi voleva proseguire l’alimentazione artificiale di Eluana. Sarebbe però ucronia, e serve a poco. Il ragionamento è un altro: se fossero i temi etici una frattura costitutiva del confronto tra destra e sinistra, dovremmo allora aspettarci di qui a breve un rimescolamento di carte negli schieramenti con un travaso di parlamentari da una parte all’altra e viceversa. Questo, quasi certamente, non accadrà, i temi etici resteranno pertinenza del foro interiore di ogni singolo parlamentare e articoleranno caso per caso maggioranze trasversali, nell’espressione di quella libertà di coscienza che è presupposto del mandato parlamentare accanto alla sovranità nazionale. Questa trasversalità di posizioni, poi, si riproduce in maniera ancora più vistosa tra gli elettori. Se il governo e la maggioranza parlamentare di centrodestra hanno agito in modo compatto riguardo al Ddl «salva Eluana», i sondaggi mostrano che l’elettorato di centrodestra sul medesimo tema è quasi spaccato a metà: le posizioni di tutela assoluta della cosiddetta «sacralità della vita» appartengono alle generazioni più anziane mentre i giovani, il futuro bacino elettorale, propendono in larga parte per una più sostenuta libertà di scelta. Anche in questo caso, un’eventuale istituzionalizzazione del «bipolarismo etico» dovrebbe riarticolare le scelte di voto, ma la storia insegna che l’elettorato italiano è poco fluido e vota secondo parametri ulteriori rispetto alle scelte di ordine etico-religioso, come nel caso del cosiddetto «voto carismatico» che rappresenta la riserva esclusiva di consensi di cui gode Berlusconi. Qualcuno obietta che il Pdl s’appresta a entrare in nuova e più robusta veste nel Partito popolare europeo, ove confluiscono i partiti continentali d’ispirazione cristiana. È vero, come è vero che le radici cristiane dell’Europa sono alla base di programma e convincimenti del Ppe, ci mancherebbe. Solo che i maggiori partiti di centrodestra europei, dall’Ump di Sarkozy al Ppe di Rajoy, dalla Cdu della Merkel fino ai Tories di Cameron, consanguinei e alleati del Pdl, manifestano sui temi etico-religiosi o nel campo dei diritti civili un grande pluralismo di posizioni, e nessuno di questi soggetti politici fonda su di essi la propria identità e azione politica e, anzi, in alcuni casi - per dire, l’atteggiamento neogollista verso le coppie di fatto o la fecondazione - si abbracciano posizioni che in Italia non si esiterebbe a definire «laiciste». In Europa non esistono grandi partiti di centrodestra a orientamento para-confessionale. L’unico Paese dove si è attivato il bipolarismo etico come frattura di posizionamento politico sono gli Stati Uniti di Bush, con risultati quantomeno controversi. E infine. C’è chi, come Baget Bozzo, ha intravisto nell’attivismo di Berlusconi sul caso Eluana la volontà di porsi come «leader morale dei cattolici». Posizione curiosa, seppur autorevole, visto che solo poco tempo fa proprio don Gianni, con altri, salutava con gioia la fine dell’unità politica dei cattolici stessi, liberi e liberati dalle costrizioni dell’appartenenza politica democristiana. Anche in questo caso, i sondaggi indicano che, fatta eccezione per piccole minoranze neoguelfe o laiciste, le dinamiche di appartenenza politica non sono sovrapponibili alla dicotomia laici-credenti. Il centrodestra, che a maggioranza segue le indicazioni della Chiesa sul terreno bioetico, si è trovato in disaccordo su altre questioni centrali come l’indulto o la guerra in Irak e, oggi, le politiche per l’immigrazione.

È stato lo stesso Berlusconi a definire «il primato del fare e l’anarchia dei valori» come la tavolozza su cui scrivere, con la potenza della prassi e del carisma, il programma rivoluzionario e creativo del Pdl. Non è questo il senso del grande mutamento politico avviato nel 1994 e che tra poco più di un mese celebra una tappa fondamentale del suo percorso?

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