L’Italia non è pronta per un Sarkozy

L’Italia non è pronta per un  Sarkozy

Può esistere in Italia un effetto Sarkozy? E può essere Alleanza Nazionale a esprimere questo modello? La difficoltà principale non sta nello schieramento di centrodestra, ma in quello di sinistra. Il Ps ha accettato con difficoltà la scelta socialdemocratica. Il problema agitò gli animi negli anni del primo mandato di presidenza di François Mitterrand; e, infine, la scelta avvenne quando Mitterrand designò il cristiano sociale Jacques Delors a presidente della Commissione Europea. Erano i vincoli con l’Europa ad obbligare i socialisti francesi a divenire sostenitori del mercato unico in Europa. E a privilegiare la libera concorrenza.
Una seconda rottura avvenne proprio con Ségolène Royal. Essa definì la rottura col suo fatto di essere donna, e di partire perciò, non dal programma ideologico, ma dalle domande della società per ottenere il consenso ad occupare l’Eliseo. La crisi del socialismo francese è tale che Sarkozy ha potuto inserire socialisti di peso nella sua maggioranza e candidare Dominique Strauss Kahn alla presidenza del Fondo monetario internazionale. Ségolène ottenne il successo elettorale, proprio perché era staccata dalla tradizione socialista del programma, della classe, del sindacato. È questa la ragione della differenza tra Francia e Italia. In Francia il socialismo storico è pressoché dissolto e il presidente della Repubblica può assumere le vecchie glorie del Ps. In Italia la vicenda della sinistra è andata all’opposto. La sinistra rivoluzionaria antagonista è in piena forza, controlla parte del sindacato, si costituisce, per bocca del post diessino Fabio Mussi, come comprendente un terzo della maggioranza.
Ma anche la situazione della destra in Italia è diversa. Forza Italia ha interpretato un blocco che difende il sistema di piccole e medie iniziative in cui sta la chiave del sistema economico. Ha avuto, nonostante gli intellettuali cattolici, il consenso del mondo cattolico. La definizione del centrodestra sta in questa contrapposizione berlusconiana con la sinistra: Berlusconi ha segnato la linea di confine della forza del centrodestra.
Sarkozy ha potuto integrare la minoranza di Le Pen in una politica di ferma tutela della legalità e di controllo dell’immigrazione. L’analogo di Le Pen sarebbe in Italia una forza come la Lega, ma essa è radicata nel nord ed esprime il sistema economico, sociale e culturale del settentrione. Non può essere accusata né di fascismo né di razzismo. Per questo non si può pensare che An possa includere uomini di sinistra e di destra, perché una è troppo ideologica e l’altra solidamente popolare.
Le operazioni di integrazione a sinistra e a destra, operate da Sarkozy, non sono possibili in Italia. Per questo il presidente di Alleanza Nazionale, che ha a lungo cercato di differenziare il suo linguaggio verso sinistra sia rispetto a Forza Italia che rispetto alla Lega, anche perché la sinistra ha il monopolio di legittimità costituzionale politica, non può che puntare sul partito unico. Ma, se questo non si verificasse dovrebbe assumere una posizione più contraria alla sinistra e più aperta alla destra di quello che ha compiuto finora.

Forse per questo i suoi colonnelli, che hanno mantenuto i contatti con il mondo cattolico romano e con la questione settentrionale, sono più utili che in passato. Essi possono essere utili nel caso, ora improbabile, in cui An dovesse combattere la battaglia elettorale da sola.
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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