Ma l’Italia vuole il primo cyborg che si emoziona

Il Minsky-pensiero fa discutere, ma fa discutere ancora di più ciò che sta accadendo nei laboratori della Scuola Sant’Anna di Pontedera (Pisa), dove l’équipe del professor Paolo Dario lavora al primo «automa emozionale»: «Una macchina capace di riprodurre stati d’animo», spiega l’esperto di bio-robotica. Un primo protitipo sarebbe già in funzione, anche se l’anno X per il progetto finale è fissato per il 2009. Il professor Dario è entusiasta di questa nuova avventura ai confini della fatascienza: «Il robot di nuova generazione che uscirà dai nostri laboratori avrà un aspetto umanoide. Certo, non avrà il cervello di positronico e non sarà intelligente come aveva immaginato lo scrittore Isaac Asimov, ma diventerà un buon assistente: un personal-robot da utilizzare a casa per compiti domestici sempre più complessi».
Ma, anche in campo cibernetico, vale la legge secondo la quale anche l’occhio vuole la sua parte. E così pare che, per insegnare all’automa la mimica facciale, «siano stati chiamati attori professionisti in grado di recitare stati d’animo come felicità, amore, collera, paura e ansia». Il risultato? «Il robot ha appreso e adesso riesce a replicare questi stati d’animo, muovendo il volto», assicurano alla stampa i ricercatori del Sant’Anna. Scienziati che alla domanda «Ma a che servono le emozioni riprodotte su una macchina?», rispondono così: «A migliorare l’interazione tra uomo e robot, perché un domani gli automi saranno sempre più presenti nelle nostre case.

Saranno colf e maggiordomi intelligenti e dunque dovranno imparare l’arte dell’emozione che a noi umani piace molto. Un robot senza cuore non potrebbe infatti essere accolto in una famiglia».
Il professor Minsky, dal suo laboratorio al Mit di Boston scuote la testa sempre più perplesso.

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