Caro Granzotto, sono rimasto di stucco leggendo della sospensione inflitta al direttore Sallusti. Ma il provvedimento non urta contro larticolo 21 della Costituzione «più bella del mondo», secondo il quale tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione?
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Lei resta di stucco, caro Bellomo. Io, che dellOrdine dei giornalisti sono un coatto, mi vergogno. Mi vergogno di dover appartenere - coattamente - a una setta, a una corporazione ideata dal fascismo e che alla fine della Gloriosa guerra di Liberazione non finì come altre cianfrusaglie del Ventennio nella discarica delle cose inutili o odiose. Restò a galla e nemmeno ebbe lo scrupolo dai darsi una incipriata democratica: quello era lOrdine voluto da Benito Mussolini Duce del fascismo, quello è rimasto. Il gendarme a guardia dei pennivendoli e delle loro eventuali trasgressioni al pensiero unico e agli ordini di scuderia. Il fondatore di questo Giornale, Indro Montanelli, fu radiato dallOrdine, questo Ordine, per aver scritto cosa non grata e cioè che la battaglia di Santander, per il fascismo una gloriosa, eroica impresa che aveva cancellato lumiliazione di Guadalajara - siamo, come avrà capito, ai tempi della Guerra civile spagnola -, fu in sostanza «una lunga passeggiata con un solo nemico: il caldo». Le cose non sono cambiate. Lunica e risibile differenza è che questo Ordine ha pensato bene di fornirsi di una sfilza di Carte deontologiche che stanno alla professione come il pennacchio sullelmo dei pompieri di Viggiù. Per dire: nella solenne Carta dei Doveri del Giornalista si legge che è vietata «la pubblicazione di notizie su un avviso di garanzia prima che linteressato ne sia stato informato». Senza nemmeno ricordare, per carità di patria, lavviso di garanzia a un Berlusconi presidente del Consiglio impegnato in un incontro internazionale sulla criminalità organizzata e anticipato dal Corriere della Sera, si contano a decine e decine e decine gli sventurati che apprendono dalla stampa o dai telegiornali dessere indagati o prossimi a ricevere il fatidico avviso. Crede lei, caro Bellomo, che lOrdine sia intervenuto una volta, una volta sola, per punire o anche semplicemente per redarguire quanti hanno trasgredito ai propri deontologici doveri? E laltro comandamento, «Si presume che lindagato o imputato sia innocente fino a condanna definitiva. Il giornalista è tenuto a ricordarlo nei suoi articoli»? Violato ogni due per tre nel più totale, olimpico disinteresse dei pm dellOrdine. Ma larticolo più bello e più ruffiano del Codice deontologico è il sesto: «Commenti e opinioni del giornalista appartengono alla libertà di informazione nonché alla libertà di parola e di pensiero costituzionalmente garantita a tutti». È larticolo 22 da lei citato, caro Bellomo, ma riveduto e corretto per farne uno strumento di lotta ideologica. Brandendolo come una mazza ferrata lOrdine può così fracassare il cranio del giornalista che non si attiene alla linea dettata dalla Repubblica o in via subordinata dal Fatto e salva gli altri. Ascrivendo falsità, insinuazioni, porcate e altre infamie di questi ultimi non al genere «cronaca», ma a quello «commento&opinione». In sostanza, se un giornalista sinceramente democratico scrive che Berlusconi è un ladro, mafioso e pedofilo, siamo nellàmbito del commento&opinione. Se invece un giornalista non imbrancato scrive altrettanto di un politico, un direttore, un artista, un esponente della società detta civile di area sinceramente democratica, è cronaca. Luno merita dunque laltare, laltro la polvere, la sospensione o la radiazione.
Paolo Granzotto
Ps: per i cari colleghi dellOrdine: questo, va da sé, è un commento&opinione.
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