
Gentile Direttore Feltri, cosa ne pensa della scelta di punire con l'arresto immediato e con pene fino a 5 anni di carcere i genitori che aggrediscono i professori? Ovvio che sia sbagliato aggredire, ma forse è una misura troppo dura mettere le manette subito e gettare in gattabuia.
Federico Ligato
Caro Federico, il disegno di legge presentato dal ministro dell'Istruzione Valditara prevede l'arresto obbligatorio in flagranza di reato non per le mere aggressioni verbali, ma in caso di lesioni personali a docenti e presidi ad opera dei genitori degli allievi. Vengono inasprite le pene in base al tipo di lesione, che può essere lieve o grave. Il massimo della pena è di cinque anni di reclusione, come tu ben sottolinei. Non mi pare affatto esagerato. Anzi, era ora che il governo intervenisse in questo ambito per ripristinare il rispetto dell'autorità, che oggi deve essere appreso non solo dagli studenti ma anche dai genitori di questi. Tale norma ci induce a modificare la nostra mentalità collettiva e a considerare determinati comportamenti per quello che sono, ovvero inaccettabili reati a cui, purtroppo, ci siamo abituati, dal momento che si tratta di condotte diffuse da Nord a Sud e che non è possibile recarsi sul posto di lavoro con il terrore di essere presi a pugni o persino ammazzati. Un professore non può e non deve uscire di casa con l'elmetto, il giubbotto antiproiettili e roba simile. Non può e non deve preoccuparsi per la sua incolumità. La scuola deve essere un luogo sicuro per tutti, sia per i discenti che per i docenti nonché per tutto il personale scolastico.
Questo nuovo pacchetto di regole nasce da una esigenza proveniente dalla pancia della società: il bisogno di contenere una crescente violenza che ha contagiato pure gli ambienti scolastici, che una volta erano luoghi protetti, aree in qualche modo franche. Quando io ho frequentato le scuole, la figura del maestro o del professore era tenuta in considerazione. Coloro che si occupavano della formazione dei ragazzi ricevevano da padri e madri gratitudine e non schiaffoni, pugni e minacce. Erano persone autorevoli e il fanciullo stesso percepiva questa sorta di potere e usava rivolgersi loro con rispetto, anche con un certo timore, che non era elemento negativo, anzi, serviva a indurre il giovane studente ad essere diligente e corretto, anche perché, qualora il professore lo avesse richiamato, egli non avrebbe potuto correre a piagnucolare a casa, lamentando il sopruso subito, suscitando nei familiari un senso di rabbia, come se il loro piccolo avesse patito un oltraggio da parte di un prepotente. I genitori non organizzavano spedizioni punitive in classe o nel cortile dell'edificio scolastico, bensì stavano dalla parte dei discenti e per un unico motivo: per il bene dei propri figli, i quali avrebbero dovuto crescere e avrebbero dovuto imparare, non soltanto le materie didattiche ma anche e soprattutto i rudimenti del vivere sociale e civile, insomma, per dirlo in soldoni, come si sta al mondo.
E credo che come si stia al mondo debba insegnarlo soprattutto la famiglia.
Ma sembra che gli adulti oggi debbano essere rieducati. Quindi ben venga un provvedimento di questo tipo, tale che possa inibire genitori neppure bulli ma addirittura criminali dal mettere in atto i loro propositi sanguinari e delittuosi.