Un tempo gli anziani erano costretti all'immobilità, confinati in una poltrona cercavano di sopportare il dolore. I ricordi affioravano ed erano allontanati solo dal profondo senso di solitudine. Oggi le giornate dell'anziano sono ritmate dai suoi impegni e sovente dalla sua attività fisica. La bicicletta, il golf, le passeggiate in montagna, caratterizzano la giornata del settantenne, che è considerato ancora non anziano. Molti, a quell'età giovanile, si sentono perfino pronti con lo spirito e con il corpo ad iniziare una nuova vita.
La chirurgia ortopedica negli ultimi venti anni ha compiuto grandi passi avanti ed ha ridato qualità alla vita di migliaia di anziani. Ogni anno si effettuano in Italia oltre 70mila interventi di protesi d'anca e decine di migliaia di interventi sul ginocchio. Già negli anni Ottanta erano impiantate molte protesi, ma senza le metodologie ed i materiali sofisticati che oggi offrono risultati positivi nel 90 per cento dei casi. «Impieghiamo tecniche chirurgiche mini invasive ormai consolidate e soprattutto abbiamo adottato biomateriali ad alta compatibilità e bassissima usura nel tempo, che consentono al paziente il ritorno ad una piena attività non solo lavorativa, ma anche sociale e sportiva», ricorda Domenico Siro Brocchetta, direttore di chirurgia protesica del ginocchio del Policlinico di Monza , precisando che sono 4 milioni gli italiani che soffrono di artrosi, e non solo anziani.
«Anche i pazienti più giovani, con alta aspettativa di vita qualitativa e quantitativa, possono affidarsi serenamente ad un chirurgo di fiducia. I rischi dell'intervento, indipendentemente dalla sua difficoltà, si sono progressivamente ridotti e giustamente ora non sono più un ostacolo». L'artrosi del ginocchio, in particolare, coinvolge spesso anche i giovani (in questi casi, la pratica intensiva di attività agonistiche e di sport usuranti a carico dell'articolazione è spesso alla base dell'insorgenza della patologia). Il sintomo principale è il dolore, a cui si associa una graduale limitazione del movimento che, nei casi più gravi, diventa invalidante, compromettendo notevolmente la qualità di vita. Una diagnosi precoce è fondamentale per intervenire nella fase iniziale dell'evoluzione della patologia». Brocchetta, dopo la laurea si è specializzato a Milano, poi ha compiuto uno stage a Boston, negli Stati Uniti, in uno dei Centri ortopedici più avanzati. «Finché la cartilagine c'è, anche se molle (condropatia), - afferma - si ricorre ad un trattamento a base di antinfiammatori e a cicli di fisioterapia. Quando invece si individuano zone in cui la cartilagine risulta diradata oppure manca, possono essere prese in considerazione specifiche soluzioni operative. Attualmente, la chirurgia ortopedica propone soluzioni efficaci per almeno 4 livelli di gravità. Quando la lesione non supera i 10 cm quadrati, l'intervento di elezione è il trapianto autologo di cartilagine. Questa procedura conservativa - aggiunge Brocchetta - oggi si è molto evoluta: le cellule del tessuto, prelevato artroscopicamente e coltivato in laboratorio, vengono aggregate in microsfere ad elevatissima adesività e reimpiantate nelle aree interessate con estrema facilità e senza bisogno di alcun intervento ulteriore. Quando gli esami diagnostici evidenziano la presenza di lesioni più estese si deve ricorrere invece ad un intervento chirurgico di impianto protesico. Anche in questo caso, si punta il più possibile all'aspetto conservativo: se ad essere usurato dall'artrosi è uno solo dei due comparti dell'articolazione (la parte esterna o la parte interna), si ricorre ad una protesi mono-comportamentale, detta anche mini-protesi, per le sue dimensioni contenute e per la scarsa quantità di osso che essa costringe a sacrificare. Nel caso in cui entrambi i comparti del ginocchio siano compromessi, ma i legamenti crociati siano sani (come avviene spesso in pazienti relativamente giovani), la soluzione può essere quella di impiantare due miniprotesi, una in posizione esterna e l'altra interna.
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