«I cittadini ci hanno votato per far nascere un cambiamento. Un cambiamento nei confronti di chi ha governato finora, ma che non è certo Giuliano Pisapia». Manfredi Palmeri, dopo il successo personale con il 5,55 per cento e un punto in più della coalizione che comprendeva i «futuristi» del Fli, l’Udc e l’Api di Francesco Rutelli, è volato ieri a Roma per incontrare i leader nazionali e annunciare le scelte per i ballottaggi. «Nessun apparentamento ufficiale», sarà la linea dei partiti, ma neppure il trasloco armi e bagagli nel campo della sinistra. Come vorrebbe far credere qualche temerario tipo Fabio Granata («A Milano voterei certamente Giuliano Pisapia, mentre a Napoli sceglierei De Magistris»). Parole in libertà per un elettorato, come quello di Fli e dell’Udc, tradizionalmente di centrodestra. E in imbarazzo di fronte alle uscite di qualche spregiudicato colonnello. Difficile convincere gli elettori a scegliere l’avvocato ultrarosso quando uno storico rappresentante dell’Udc come Gianni Verga è rimasto nella giunta di centrodestra e ancora ieri è stato convocato dalla Moratti per la riunione degli assessori.
Una spaccatura che spinge alle dimissioni il presidente dell’assemblea nazionale di Fli Andrea Ronchi che da sempre sostiene la necessità di votare Moratti. Passare a sinistra? Roba da psicanalista per l’eurodeputato finiano Potito Salatto. «Chi sprona a votare De Magistris a Napoli e Pisapia a Milano - spiega - come fanno Granata, Buonfiglio, Rossi e Perina, dovrebbe sdraiarsi su un lettino e parlarci della sua infanzia. Solo così riusciremmo a comprendere cosa è passato e continua a passargli per la testa». Palmeri dice che «noi non chiediamo nulla per noi, ma per Milano. Non un apparentamento con Moratti o con Pisapia, ma con la città». Non un’apertura, ma nemmeno una chiusura. Come quella che riserva, invece, a chi gli proporrebbe una poltrona in caso di vittoria di Pisapia. «La presidenza di un consiglio comunale non è un bene disponibile per trattative di partito».
Un appello agli elettori del Terzo polo arriva dal governatore Roberto Formigoni. «Il 29 maggio ci auguriamo che la gente voterà per noi per fare in modo che non vinca la sinistra estrema. Chiedo agli elettori del terzo polo di darci una mano per i ballottaggi». E i conti son presto fatti. Se alla Moratti mancano 40mila voti per raggiungere Pisapia, quelli del Terzo polo al primo turno son stati quasi 37mila. Di un elettorato che, soprattutto in Lombardia, non è certo di sinistra. Come testimoniano le giunte Formigoni, Albertini, Colli e Moratti. Voti decisivi, dunque, anche perché nemmeno i «grillini» del ventenne Mattia Calise si apparenteranno a Pisapia.
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