L’ultima rata del mutuo nel giorno della strage

Forse è per il sole abbacinante di un venerdì che più estivo non si potrebbe che Paolo e Antonella sembrano sorridere. O forse sorridono davvero, almeno un po'. Li chiamano «quelli del mutuo» e - tra gli operatori delle «Misericordie» che accompagnano i residenti di via Ponchielli a recuperare le loro cose nelle case abbrustolite - la loro storia fa parte dell’aneddotica meno triste. D'altra parte se l’inferno viene a bussarti alla porta e puoi raccontarlo senza un graffio, in fondo non ti è andata troppo male. Pazienza se il destino ti ha preso in giro, distruggendoti la casa quando avevi appena finito di pagarla.
Paolo Crivello, 59 anni, verniciatore, e sua moglie Antonella Cosci, 52, sono appena usciti da quel che resta della loro casa, al numero 30 di via Ponchielli. Due piani, un cortile, tantissimi ricordi. E una beffa. La racconta Antonella. «Martedì, mentre i fuochi bruciavano ancora, ho pagato l'ultima rata del mutuo. L'avevamo acceso nel 1999, 10 anni di sacrifici, e ora siamo punto e da capo. Perché l'ho fatto? Sono abituata a saldare i debiti, io. E a dirla tutta, il 29 ho pagato pure le rate del divano, dell’auto, le bollette. In tutto 849 euro».
Poche ore dopo le esplosioni e il fuoco, e la casa è andata. «Mezza sfondata da tutte le parti. Ma siamo vivi», interviene Paolo. «Guardavamo la tv e abbiamo sentito il botto del treno. Abbiamo aperto le finestre e la casa s'è riempita di gas. Quando è arrivata la prima fiammata avevamo chiuso tutto, per fortuna». «Paolo voleva scappare, io - riprende Antonella - preferivo chiudermi in casa. Dopo la seconda esplosione c’era l'inferno, le macchine bruciavano davanti alle finestre. Mi sono convinta. Siamo andati sul tetto arrampicandoci sull'antenna e poi calandoci in strada, sul retro». La speranza, per loro, è che dal governo arrivi l'aiuto per poter tornare ad avere un tetto sulla testa. «A Berlusconi vorrei dire che Viareggio gli chiede scusa, per l'accoglienza che quattro stupidi gli hanno riservato fischiandolo, come se non fosse venuto per aiutarci. Ora però vediamo quanto ci vorrà per riavere le nostre case». Magari lontane da quella ferrovia che spaventa. «Ma no - esclama Antonella - anzi, spero proprio che noi si possa tornare a vivere qui. Ci piace questo posto, e ci piace anche il rumore del treno che ci fa compagnia, scandisce le ore.

E che non ci ha mai fatto paura. Ecco, una cosa sì: magari se i treni carichi di bombe atomiche possono andare più piano quando attraversano la città».
Il sarcasmo toscano della coppia è salvo, e non è la sola cosa scampata al disastro.
MMO

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