L’ultima speranza di Prodi: due Camere a mezzo servizio

A voler scimmiottare i bollettini di guerra del tempo che fu, si potrebbe dire che anche l’Unione ripiega secondo i piani prestabiliti. Come i gamberi. Ormai alla canna del gas, si attacca a tutto. A cominciare, si capisce, dal Quirinale. Fin dal suo messaggio d’insediamento non aveva forse dichiarato Giorgio Napolitano che la bocciatura per via referendaria della riforma costituzionale della Casa delle libertà non doveva considerarsi un ostacolo alla tessitura di nuove regole costituzionali di comune accordo tra maggioranza e opposizione? E allora ha volato alto e si è domandata perché mai non sedersi insieme attorno a un tavolo e darsi da fare.
Ma il tempo è galantuomo e ha fatto giustizia di questi non disinteressati sogni di gloria. Certo, la commissione Affari costituzionali di Montecitorio - sotto l’accorta regia del suo presidente, il diessino Luciano Violante - si è data un gran da fare nei mesi scorsi. E tanto ha fatto, tanto ha detto, che prima dell’estate ha approvato un testo base partorito dalle fervide menti della diessina Sesa Amici e del finiano Italo Bocchino. Ma non per questo, per dirla con il sottotenente Alberto Sordi di Tutti a casa, i tedeschi si sono alleati con gli americani. Piuttosto è andata in scena una commedia buffa. L’Amici, pur di dare un po’ d’ossigeno al governo, si è acconciata a dire sì a un disegno riformatore che a grandi linee ricalca la Grande Riforma del centrodestra. E Bocchino, da parte sua, è stato al gioco per due buoni motivi. Primo, perché non poteva dire di no a un progetto un tempo sponsorizzato dalla sua parte politica. Secondo, per rimarcare la strumentalità di una Unione disposta a tutto pur di non fare fagotto. Per dovere d’ufficio, Violante nutre ancora fiducia. Come Facta. Ed è tutto dire.
Così l’Unione dà ora l’impressione di abbassare le pretese. Adesso s’attacca a un gradino più in giù, ovvero alla riforma elettorale. Alla commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, il suo presidente, il margheritino Enzo Bianco, le ha provate tutte, ma non è approdato a niente. Di volta in volta rinvia il momento della verità. E si capisce. Perché in mano non ha buone carte. Anche su questo cruciale tema l’Unione è più che mai lacerata tra le più disparate scuole di pensiero. Insomma, non sa che pesci pigliare. E sarebbe un azzardo confidare in Pier Ferdinando Casini e in Umberto Bossi, che reclamano ciò che il centrosinistra non può loro dare. Date queste premesse, sarebbe azzardato farsi eccessive illusioni.
Ecco allora che l’Unione regredisce di nuovo con la speranza di ottenere il massimo con il minimo sforzo. Si propone nientemeno che di assoggettare il Parlamento ai capricci del governo e di svilire il ruolo dell’opposizione. Come? Piegando ai voleri della maggioranza i regolamenti parlamentari. Già in piena estate qualche cattivo pensiero era stato formulato dal coordinatore della Margherita Antonello Soro allo scopo di «velocizzare» il procedimento legislativo. Adesso si fa sentire quel Violante che, ormai persa la partita della riforma costituzionale, non intende restare con un pugno di mosche. Ecco cosa propone: un potenziamento della sede redigente, con il risultato che tutto l’iter legis si concentrerebbe nelle commissioni e all’assemblea non rimarrebbe che la votazione finale; e la possibilità per il governo di indicare un termine certo per la votazione dei suoi disegni di legge, con la conseguenza che anche i disegni di legge di conversione di fatto verrebbero contingentati e così i decreti legge si moltiplicherebbero a dismisura.
Padre della riforma della Camera del 1997, Violante potrebbe essere vittima ancora una volta dell’eterogenesi dei fini e favorire di nuovo la futura maggioranza di centrodestra. È il destino degli apprendisti stregoni in una democrazia dell’alternanza.


paoloarmaroli@tin.it

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