L’ultima uscita di Zenga zingaro della panchina

Le squadre come le donne: non riesce mai a trovarne una stabile. Lascia la Romania e cerca un posto in Italia 

L’ultima uscita di Zenga zingaro della panchina

Quando Arrigo Sacchi lo mise alla porta, anzi fuori dalla porta della nazionale, nel millenovecentonovantadue, il ragazzone si presentò ai giornalisti cantando il brano più famoso degli 883: «Hanno ucciso l’uomo ragno!». Non si trattava di un colpo di scena, di una bravata, semplicemente era una zengata. Walter Zenga, dunque, c’è sempre un solo Walter Zenga, come cantava la Nord, e lui, con il berretto al contrario, come i ciclisti di un tempo, salutava, sbuffando con la bocca, per tirarsi via il ciuffo dagli occhi.

Ultime notizie dalla Romania: c’è un italiano che se ne torna a casa: non espulso, non clandestino, non ricercato dalla polizia, ma divorziato, con atto consensuale, dalla Dinamo di Bucarest, dopo 80 giorni di amore. Alla Dinamo i padroni sono molti, i padrini troppi, dopo i soldi vogliono mettere anche il naso, nella formazione ovviamente. Fuori dai tornei europei, battuto nel derby con la Steaua, Zenga, non proprio un asso nelle uscite, anche stavolta esce di scena come gli sta capitando da qualche tempo, da quando ha deciso cioè di fare l’allenatore.

Per chi lo avesse perso di vista, segnalo alcuni viaggi bizzarri del Nostro: gli Stati Uniti d’America, al New England Revolution, gli Emirati Arabi nell’Al Ain, la Serbia e la Romania, la Turchia e, per gradire, anche il Brera nella serie D. Non si è fatto negare nulla, pallone, mogli, tre, figli nello stesso numero, cuori strappati a cento e più femmine, pazze per lui, alto, fascinoso, fanciullesco quel tanto che fa traballare anche donne mature e interessanti, direi interessate. A 47 anni Walter Zenga è ancora un bambino con idee belle e facili per quella sua testa che non ha più ciuffi e dunque capelli, ma è rimasta uguale a prima per questo figlio di Alfonso e di Marina, cresciuto in fretta, con due piedi misura Samsonite 45 e un fisico da tronista.

Ho usato apposta l’aggettivo di tendenza. Zenga, infatti, ha provato la carriera televisiva. Ai contemporanei ricordo la sua partecipazione vivace a Forza Italia, in tempi non sospetti e non politici, talk show di football con Maurizio Mosca, Fabio Fazio, Nicola Forcignanò (sì proprio lui), Roberta Termali, Caterina Collovati, Vittorio Feltri (sì proprio lui ancora), e Walter. Ma si vestì e travestì anche da postino mettendosi a disposizione di Maria De Filippi, consegnando lettere e cartoline d’amore e affini.

L’amore ha sempre occupato la sua vita, amore vero, generoso, fanciullesco appunto, ma anche sensuale, tormentato, pubblicizzato dai giornali di settore. Walterino, ogni volta che il pullman dell’Inter sostava in qualche autogrill, puntava diritto verso l’edicola per verificare se sull’ultimo numero di Novella 2000 o Eva Express ci fosse la fotografia sua accanto a una bionda in tresca clandestina. Cosa che avvenne, la bionda era la Termali e la moglie Elvira lo lasciò.

Nominato miglior portiere del mondo per tre edizioni consecutive, premiato con un pallone gioiello da 160 milioni di lire dato in beneficenza, vincitore di titoli nazionali ed esteri, religioso e puntuale nelle sante messe, doverosi appuntamenti ogni sabato per Ivanoe Fraizzoli, messo in crisi da Mariolino Corso che gli preferiva Lorieri, battuto con un colpo di testa su rigore (!) da Michel Platini, Walterone Zenga prova a lasciare la Romania con il sogno di una squadra italiana di serie A, di una donna con gli occhi azzurri e i capelli biondi. In fondo non è cambiato proprio nulla, basta aspettare.

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