Ci sono due ministri, Claudio Scajola e Sandro Bondi; un sottosegretario, Stefania Craxi; una decina di parlamentari; le istituzioni genovesi; tre direttori, Mario Giordano, Maurizio Belpietro e Gad Lerner; autorità varie ed eventuali. Ma, soprattutto, cè la sua gente, cè il popolo di don Gianni. Che - diciamolo subito - non è una folla strabocchevole. Tanti sì, ma ci stanno tutti nelle navate della chiesa del Sacro Cuore e di San Giacomo, le transenne e le camionette della polizia sono superflue. Non è il pubblico dei funerali-reality, non è la gente degli applausi scroscianti, non è il mondo del «cero anchio, mi si è visto bene in televisione?».
Il popolo di don Gianni è quello di chi gli chiedeva udienza nella casa in via Corsica o di chi lo leggeva avidamente, come prima cosa alla mattina, semplicemente per capirne di più. Persone umili, semplici. Però, curiose. Di quella curiosità intellettuale che in don Gianni diventava bulimia di lettura e di parola, di conoscenze e di esperienze.
Anche le più estreme, per un prete. Come lelezione allEuroparlamento nelle file del Psi che gli costò la sospensione a divinis. Ricordata ieri benissimo, icasticamente, dai garofani rossi vicino alle croci. Don Gianni il prete, don Gianni non il socialista, ma don Gianni luomo che vide in Bettino la modernizzazione del Paese. Prima degli altri, unaltra volta ancora.
Angelo Bagnasco, cardinale di Genova e numero uno dei vescovi italiani, firma unomelia che è un attacco pesantissimo al nichilismo, un manifesto antimaterialista, con citazioni di Nietzsche e la descrizione delluomo come «passione inutile» senza lanima. Unomelia che sarebbe piaciuta a don Gianni. Anche perché non gli ha risparmiato nulla, nemmeno il ricordo delle «strade percorse in palese contrasto con la disciplina della Chiesa». E un retroscena, rivelato da Bagnasco: «Recentemente mi ha confidato il suo dolore per aver addolorato il suo cardinale (Siri, ndr). Oggi, nella luce di Dio, tutto si chiarisce e si purifica».
Leredità è una poesia che legge, emozionatissimo, dallaltare, Alessandro Gianmoena, il suo braccio destro.
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