MASSIMILIANO LUSSANA
Innanzitutto, vi ringrazio. Una volta di più. In questi giorni, ci siete stati vicinissimi con scritti, telefonate, sguardi, condividendo la nostra battaglia per l’intitolazione di una via di Genova a Fabrizio Quattrocchi. Qualcosa di commovente che giro con il cuore a sua sorella Graziella. Non avrà avuto la via, Fabrizio. Ma il vostro affetto, la bellezza delle vostre parole e dei vostri sentimenti vale mille targhe del Comune di Genova.
La nostra non è stata una battaglia a vuoto. É riuscita a far emergere due Genova: da un lato, la solita Genova, quella incapace di emozionarsi e di capire il valore di una frase. O di capirlo troppo bene e tentare subito di svalutarla. Dall’altro, la vostra Genova, la più bella, la Genova perbene, quella che va in giro orgogliosamente con il Giornale, quella che crede in qualcosa, quella per cui l’italianità non è fatta di parole da esibire trombonescamente in occasione delle sfilate o dei mondiali di calcio.
Della Genova che non ci piace, in quest’occasione, aveva fatto parte a pieno titolo Rinaldo Magnani, ex candidato sindaco del centrodestra, iscritto indipendente al gruppo azzurro di Tursi, che ha lasciato agli atti del Comune la sua contrarietà alla via a Quattrocchi. Lui, il vecchio leone di mille battaglie, ha dedicato a una battaglia misera il suo ultimo intervento, pubblicato integralmente l’altro giorno, con tanto di aromi di incenso incorporati, da La Repubblica-Il lavoro. Un intervento che non ci è affatto piaciuto, non perchè Magnani abbia votato contro via Quattrocchi - dimostrandosi peraltro in sintonia con quella Genova che non ci piace e non con la nostra e vostra Genova - ma perchè ha detto cose che non hanno fatto onore alla sua storia: «Noi sappiamo - e qualcuno ha parlato di eroe - l’atteggiamento che ha avuto questa persona, ma sarebbe forse opportuno che passassero quattro o cinque anni per poter constatare e avere le garanzie che le cose che abbiamo visto in televisione sono quelle vere. In questo caso il merito ci sarebbe, ma potrebbe anche succedere che qualcuno qui dentro indichi delle strade e e poi si trovi a doversi smentire». Sono parole che non avrei voluto sentire. Roba che si è letta sui siti noglobal. E non credo all’ipocrisia di chi parla solo bene dei morti dopo la loro morte. Non è cinismo, è rispetto della propria intelligenza. E, persino, è rispetto della memoria di Magnani.
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