Fondato da un sardo, affondato da un sardo. Chiedo subito scusa a giornalisti e impiegati dellUnità per il gioco di parole sulla drammatica parabola del loro giornale, ma il lungo percorso da Gramsci a Soru, primo e ultimo a guidare limpresa, curiosamente entrambi isolani, spiega benissimo il senso dei tempi, dei modi, delle persone passate sotto la gloriosa testata. Purtroppo, la profonda differenza tra i due sardi sta deflagrando con effetti atomici proprio in queste ore. Se Gramsci aveva fondato lUnità sulla spinta di grandissimi ideali, Soru la sta affossando sulla spinta dei personalissimi interessi di bottega. Per la verità, anchegli quando la comprò fu presentato come una specie di nobilissimo missionario, pronto a mettersi una mano sul cuore e una sul portafoglio per salvare la gloria di un giornale storico. Le voci malevole che lo davano soltanto in cerca di consenso, di una pratica macchinetta elettorale per la corsa alla presidenza della Sardegna e addirittura dellintero Pd, allepoca furono zittite come basse insinuazioni. Ma a conti fatti, i dubbi stanno a zero. Soru getta la maschera: battuto impietosamente in Sardegna «dal figlio del commercialista di Berlusconi» (ItaliaOggi), non ha nemmeno aspettato di riassorbire le estese tumefazioni. Perché non si dica che Soru, limprenditore illuminato, ha preso lUnità solo per biechi fini elettorali, eccolo presentare allindomani della personale bancata questo piano di sviluppo: riduzione stipendi del 40 per cento, taglio dellinserto satirico Emme (un delitto: è molto divertente, ndr), nuovi prepensionamenti (lorganico è di 80 giornalisti e 40 impiegati), chiusura di redazioni locali, riduzione delle pagine, sforbiciata sui compensi dei collaboratori. Ovviamente, i lavoratori hanno unampia possibilità di scelta: o accettano questo piano, oppure il padrone porta i libri in tribunale per chiudere. Prendere o lasciare. E per fortuna Soru è un imprenditore democratico, illuminato, progressista. Pensa se era solo un padrone.
Certo, sui numeri cè poco da discutere. Nonostante le copie siano in aumento (punte giornaliere a 65mila), lUnità ha disperato bisogno di denaro. Servirebbero subito 6 milioni di nuovo capitale. Ma limpellenza della situazione non sembra impensierire lIlluminato. Di tirare fuori quei soldi non se ne parla neppure. Si taglia brutalmente. O si chiude. Per questo banalissimo motivo, da oggi lUnità è in sciopero. I lavoratori non sembrano aver pienamente compreso la manovra di rilancio del padrone. Intravedono lo spettro di un solo rilancio: dalla finestra.
A dure spese di una storica testata, si chiarisce almeno un punto fondamentale della nostra storia contemporanea: finalmente è tutto chiaro su Renato Soru. Chi è, cosa pensa, come fa. Fino alla memorabile tramvata, nemmeno un mese fa, sulla stessa Unità viene dipinto come una specie dArcangelo, lontanissimo per pensieri e opere dallindustriale cinico e spietato delliconografia italiana. Ma gli basta perdere. A urne ancora calde, stacca subito il telefono e abbassa le tapparelle. Come il ragazzino che ha perso due mani di Subbuteo, non vuole più parlare con nessuno. Uno sportivone. Che cosa poi mediti nellastioso dopo-elezione è adesso chiaro a tutti quanti. Il gioco è finito male, il giocattolo gli sta un po sullanima. LUnità è una scocciatura. Si comincia con un altro gioco: il gioco della simpatica macelleria. È vero, lo fanno in tanti: ma gli altri sono padroni, lui è lIlluminato. Non sera detto così?
Fatalmente, riecheggiano sullintera vicenda le parole pronunciate prima, e sottolineo prima, da Giovanni Valentini nellintervista al nostro Francesco Cramer. Caso mai non fosse noto, Valentini è ex direttore dellEspresso, nonché vice di Repubblica, nonchè infine direttore editoriale di Tiscali, lazienda di Soru: per dire cioè che non è Emilio Fede. Eppure, dopo aver lavorato con e per Soru, Valentini così lo definisce: «È un piccolo padroncino sardo col solo obiettivo di fare denaro. Nulla di male, ma almeno non si spacci per uomo di sinistra. È iracondo, porta il dissenso a un passo dallo scontro fisico. Lho visto maltrattare i suoi dipendenti in modo imbarazzante. Imbarazzante! Se lui è di sinistra, io - pugliese - sono austroungarico. Chi è Soru? È un pescecane travestito da spigola».
Ora il pescecane sè tolto il costume da spigola e mostra le fauci al suo giornale. Sembrano lontanissimi, di unaltra epoca e di un altro pianeta, i tempi in cui dipingevano le sue giacche di velluto come inequivocabile segno di umanità. Tornano dattualità tutti gli avvertimenti inascoltati. Giampaolo Pansa: «Soru è una vera, strepitosa carogna. Cattivo, scostante, autoritario, diffidente, con quellaccento da Brigata Sassari che fa tremare». Gavino Sanna, il pubblicitario che lha lasciato per incompatibilità ambientale: «In campagna elettorale Soru non porta la cravatta, ma un padrone vestito da servo è una vigliaccata verso la povera gente».
A questa letteratura pregressa, si aggiungono i commenti delle ultime ore. Giuliano Ferrara, solidale con i colleghi dellUnità: «Neanche i cani rognosi subiscono simile trattamento».
Per evidenti motivi, non è possibile conoscere lopinione di Gramsci. Ma basta leggere le sue Lettere dal carcere, per avanzare unipotesi.
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