Lipotesi da subito è apparsa affascinante e lavventura che ne è seguita, per chi lha vissuta quasi come un investigatore dellarte rinascimentale, a dir poco avvincente. Nel Cenacolo, laffresco-capolavoro della basilica milanese di Santa Maria delle Grazie, il pittore-scienziato Leonardo Da Vinci avrebbe nascosto una serie di note, fino a comporre una melodia. Tra le pieghe della tovaglia, forse una sorta di inno a Dio, è stato il collettivo annuncio. La storia ha già fatto il giro di mezzo mondo, probabilmente solleticando la curiosità degli amanti del genere. E ora giustamente arriva il libro, «La musica celata - un mistero svelato dopo cinquecento anni» (Vertigo edizioni, 91 pagine - con cd sullaria in questione - costo 15 euro). Domani verrà presentato alla libreria-cafeteria Atellani di Milano (ore 18.30 - via Moscova 28), dallappassionato autore-ricercatore di origine sarda: Giovanni Maria Pala, 46 anni, batterista jazz, esperto di informatica con un passato di bibliotecario (ama da Coltrane a Mozart, leggere la fantascienza di Asimov e le arti marziali).
«Racconto le fasi del mio percorso e gli esiti dellindagine da me condotta», esordisce Pala, nella stesura delle pagine aiutato dalla moglie Loredana Mazzarella. Tutto è iniziato da un telegiornale datato 2003, quando quasi un po per caso, buttata lì tra altre notizie, il mezzo busto di un tg propinò tra le curiosità quella in oggetto. «Essendo io musicista, quel breve messaggio attrasse subito la mia attenzione... », ricorda. Da qui un viaggio personale durato tre anni per scovare i segni di quelle note mai intuite e portate alla luce. «Un altro punto di partenza, storico, cera - spiega -. Anche se ne è sempre parlato poco, Leonardo amava la musica». Anzi di più, come riporta il resoconto «era un eccellente sonatore di lira, fra i migliori del suo tempo. Di conseguenza è pure probabile che avesse dimestichezza con la scrittura musicale». Esistono infatti almeno due frasi da lui vergate (da destra verso sinistra, secondo il suo tipico metodo), conservate nel Codice Windsor. Raccolta Reale, documenti in base ai quali si può verosimilmente sostenere che fosse ben in grado di leggere e segnare le note. Ma come ogni tanto accade qualcuno ai mosaici della storia prova ad aggiungere qualche tassello. Ed ecco in estrema sintesi alcuni scampoli dei risultati ottenuti dallinformatico-musicista, attraverso elaborazioni grafiche, realizzate al computer, sul dipinto vinciano.
Le note. «Sulla tovaglia dellopera è possibile scorgere delle linee orizzontali, come in un pentagramma, e delle linee verticali in corrispondenza dei pani di forma simile. Sovrapponendo a questi dei pallini neri ne deriva la raffigurazione di note». Tempo di esecuzione e durata. «I dodici apostoli sono suddivisi in quattro gruppi da tre, che porta a ipotizzare che il tempo di esecuzione sia un 3/4, molto diffuso nella musica del XIV e XV secolo». E ancora il pentagramma, dove secondo le osservazioni esiste «una relazione ricorrente tra i pani e le mani di Gesù... ». Ma al di là di tutto, quando la composizione leonardesca viene riprodotta, che cosa si sente in quei quaranta secondi? Risponde Pala: «È una sorta di requiem, forse la colonna sonora dellUltima cena di Cristo...». Ma i misteri svelati non sarebbero finiti qui.
Nella sua indagine lautore approda ad altre «scoperte», messaggi disseminati qua e là dellaffresco. Da un testo in ebraico (Luigi Orlando, esegeta e biblista, ha tradotto liscrizione in «lui consacrazione e gloria) al calice della nuova alleanza (risultato della combinazione delle lettere del testo ebraico... ), finendo con la ruota della vita... Insomma, diavolo di un Da Vinci!
«Ora attraverso il mio resoconto voglio far conoscere il vero personaggio - conclude Giovanni Maria Pala -, luomo che ha fede, forse a volte dipinto come un eretico».
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