Cultura e Spettacoli

L’ULTIMO SKETCH DEL GENIALE TOTÒ

Totò era apparso rarissime volte in programmi tv. Solo nel 1966 aveva lasciato una traccia indimenticabile, a Studio Uno, in un delizioso dialogo con Mina. Ma proprio nello stesso anno gli sceneggiatori Bruno Corbucci e Gianni Grimaldi tentarono un'operazione ardua: portare Totò in tv con un programma concepito appositamente per lui. Totò era ormai quasi cieco e in condizioni di salute non buone, ma l'idea di apparire davanti a milioni di telespettatori lo lusingava. Così accettò, con la clausola, però, che al Teatro Delle Vittorie le registrazioni non superassero le quattro ore. La Rai ebbe la felice intuizione di scegliere Daniele D'Anza, non solo perché era uno dei registi di maggior talento ma anche perché aveva le qualità umane giuste. D'Anza e Totò diventarono subito amici, pronti sempre a ridere e a sorridere. In una foto scattata in una pausa della lavorazione, si vede D'Anza che, con un sussiego da barbiere di classe, fa la barba a Totò. Il grande comico, che portava sempre degli occhiali neri e che era fisicamente indebolito, quando sentiva il ciak ritrovava una miracolosa vitalità. Ritornava ad essere il Totò di sempre, capace di muoversi con la disinvoltura di un uomo dalla vista perfetta, pronto alla battuta fulminea, alla gag irripetibile, al mimetismo geniale. Le sei puntate erano un mix di sketch tratti dalle sue riviste e dai suoi film, ma anche di testi scritti per l'occasione. Facevano la parodia degli agenti segreti e dei pistoleri cinematografici, ma anche quella dei «capelloni» allora di moda. L'ultimo episodio, Totò a Napoli, dove il comico impersonava un'irresistibile guida turistica, era, invece, un omaggio alla sua città, sulla quale aveva scritto delle emozionanti poesie in vernacolo. I personaggi che, però, più scatenarono il suo estro, la sua imprevedibilità, il suo genio comico furono quelli che il pubblico aveva amato di più: il contestatore dell'onorevole Trombetta, nel mitico sketch del vagone letto, l'irrefrenabile direttore della banda musicale, il gustosissimo parrucchiere per signora, l'inimitabile manichino. Più di una volta, alla fine di ogni sequenza, i tecnici, che lo seguivano con molto affetto, lo applaudivano con entusiasmo. Nessuno di essi poteva immaginare che Totò sarebbe morto solo cinque giorni dopo la fine delle riprese. La Rai mandò in onda la prima puntata il 4 maggio 1967, venti giorni dopo la morte di Totò, e fu subito un grande successo, con oltre 13 milioni di spettatori e punte di 17.

Daniele D'Anza dichiarò che la messa in onda «non voleva essere una commemorazione ma una testimonianza dal vivo» di un grande artista verso il pubblico che lo aveva tanto amato.

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