L’unità federale abbozzata nel 1820? Non esageriamo

Egregio dott. Granzotto, trovo irritante, il suo continuo gettare fango sul Risorgimento. Io non appartengo alla folta schiera di personaggi di sinistra i quali, dopo aver bollato il Risorgimento, sulla scia di Gramsci, come rivoluzione mancata, oggi se ne fanno strumentalmente paladini. Ho imparato ad amare il Risorgimento da mia nonna, vedova della Grande Guerra, da mio padre, carabiniere, e da maestri come De Sanctis, Croce, Omodeo, Romeo, Spadolini... Questo amore l’ho trasmesso ai miei figli e la stessa cosa farò con i nipoti, a Dio piacendo. Ma, soprattutto, cerco di trasmetterlo ogni anno a centinaia di ragazzi con conferenze, incontri, visite guidate nei musei e nei luoghi della memoria. La nascita del Regno d’Italia fu il punto d’arrivo di un processo lungo e laborioso nel quale, fra tentativi ed errori, i giovani progettarono e costruirono l’Unità Nazionale. I loro obiettivi: Unità e indipendenza della patria, libertà e democrazia per i cittadini. I primi a muoversi su questa strada furono i patrioti napoletani. Nel 1820 essi elaborarono una costituzione che prevedeva un’Italia federale con un ruolo di assoluto rilievo per il Regno di Napoli. Ma il Borbone di allora, come poi i suoi successori, si affrettò ad abolire la costituzione per consegnarsi nelle mani di Metternich. Anche altri sovrani italiani a lungo si comportarono allo stesso modo. Solo Vittorio Emanuele II nel 1849 ebbe il coraggio di conservare lo Statuto Albertino in un’Italia assoggettata alla seconda Restaurazione. E a lui si unirono gli esuli di ogni altro Stato italiano che trovarono nel Regno di Sardegna la loro patria.
L’Unità d’Italia si poteva fare meglio? Forse. Ci furono morti e feriti, italiani che combatterono contro altri italiani, ma nessuno Stato nasce per virtù dello Spirito Santo. Si guardi alla storia della Francia o degli Usa. Il Risorgimento fu anticattolico? E l’articolo 1 dello Statuto Albertino è forse anticattolico? La verità è che la Chiesa in tutto il mondo si è identificata con le cause nazionali, mentre in Italia si è posta di traverso. Quanto alla cosiddetta conquista del Sud da parte dei piemontesi, siamo proprio sicuri che sia vera? Oppure è stato il Sud che nel tempo ha conquistato il Nord in parte meridionalizzandolo? Sono stato preside nella cosiddetta Padania e so di che parlo. Insomma, sarebbe ora di finirla con i piagnistei e le recriminazioni e guardare al futuro tenendo nella dovuta considerazione i grandi passi che il Paese ha fatto dall’Unità a oggi. Vogliamo buttare tutto a mare e tornare a essere una semplice espressione geografica in balia dei padroni di turno? Ce lo possiamo permettere? E soprattutto: possiamo mettere a repentaglio l’avvenire delle nuove generazioni che dovranno vivere in un mondo molto complicato? Per tutte queste ragioni oggi più che mai bisogna gridare forte: Viva il Risorgimento, Viva l’Italia! Gli ideali che guidarono i giovani di allora sono ancora attualissimi.
Latina

Non ci siamo capiti, caro professore. D’altronde, com’era possibile se lei chiama «gettar fango» ogni richiamo alla realtà storica del Risorgimento in contrasto con quella emotiva, iconografica e retorica della vulgata? Lei afferma che nessuno Stato nasce per virtù dello Spirito Santo. Però stando alla vulgata parrebbe di sì, vista la santificazione che fece del processo unitario, santificazione sulla quale lei per altro concorda.

Cercare, con amor di patria, di ridimensionare quella visione idilliaca, mendace e che ostacolò (ostacolandola tuttora) la «fase due», fare gli italiani, non significa gettar fango e meno che mai vagheggiare un ritorno all’Italia pre unitaria. Siamo ormai adulti, professore, e la verità possiamo anche raccontarcela (evitando, visto che ci siamo, di sostenere che l’effimera costituzione napoletana del 1820 si prefiggeva l’unità federale dell’Italia).

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