da Roma
Lunico particolare forzato, il tocco inverosimile che dà al racconto la patina surreale dellinvenzione, sta nella quarta vignetta dove il padrone di casa, il «terrazzato» con nasone e occhialetti intellettuali, invita ad assaggiare un «grignolino dell89 tenuta Frambellotti» fatto «arrivare direttamente dalla Toscana». Forse Stefano Disegni è astemio, o forse è stato volutamente impreciso. Ma tutto il resto della sua graffiante storiella dal titolo Atticismo militante è di un realismo amaro e crudo, non cè nulla di inventato. La satira erompe naturalmente dalla verità: su quella terrazza dove un gruppazzo radical chic piange Roma conquistata dai «barbari fascisti», mangiando e bevendo, Disegni cè sicuramente passato. Non è il solo in verità, perché di tali terrazze risvegliate ai tardivi tepori primaverili, nella capitale ce ne sono tante. E in tutte, si replicano gli stessi dialoghi e le stesse scene, perché il generone romano non cambia mai ed è immortale: sparisce la sinistra dal Parlamento ma non quella fighetta dagli attici e dalle terrazze con vista sul Cupolone o sul Pantheon. È dagli anni 70 che interpreta se stessa, adeguando le battute ai rovesci elettorali. Varia forse il Grignolino, che i «terrazzati» fan venire dal Monferrato.
Vedi che spesso la realtà è più urticante dello sberleffo? Tantè che linserto satirico settimanalmente allegato allUnità e curato da Sergio Staino, ieri ospitava questa pagina di Disegni che è un ritratto fulminante, la foto da affidare agli archivi antropologici dellidiozia e della vacuità di unintera categoria che pur produce «cultura». I dialoghi finali del racconto satirico sono illuminanti: coraggio, ci rifugeremo nel privato, come si diceva una volta - ma sì... - è la volta che finisco la sceneggiatura, Rai Fiction era interessata... - ma ora è in mano a loro! - vorrà dire che gliela spiego con calma - ah! ah! ah! - ridiamo, e intanto Roma è in mano ai fascisti... - mi chiedo come può essere accaduto... - dovera la sinistra? - altro Grignolino? - grazie... Tutto vero, tutto già ascoltato. Anche se loro sono la fiction, e loro erano e sono la sinistra, almeno a Roma.
«Che famo? ndò annamo?» , irride la satira evocando il fallimentare slogan veltroniano. Occorrerebbe un dibattito interno, una riunione di critica-autocritica come ai bei tempi del Pci, o meglio ancora una psicoterapia di gruppo, per verificare quanti autori satirici ingaggiati da Staino, quante firme dellUnità e di altri giornali fiancheggiatori del Pd, hanno coscienza di far parte viva e integrante di quella tribù delle terrazze illustrata da Disegni. Una compagnia di giro che si autoriproduce, pontifica con la puzza sotto il naso, ha celebrato i suoi massimi trionfi sotto il segno di Rutelli e Veltroni, ha okkupato il cinema, la tv di Stato e lindustria culturale; e che sputando nel piatto continuerà a mangiare anche sotto il segno di Berlusconi e Alemanno.
Appunto, i campioni dellatticismo militante. Già raccontati con spietata ironia da Ettore Scola nel 1980, appunto col film La terrazza, dove i più celebri attori italiani sembravano interpretar se stessi o i loro amici. Accanto a Gassman, Tognazzi e Mastroianni, spiccava un formidabile Galeazzo Benti (celebre spalla di Totò, conte Bentivoglio nella vita, italovenezuelano) che tra un drink e una tartina ripeteva instancabile: «Basta, Roma si è fatta impossibile: meglio emigrare in Venezuela». Appunto, come costoro di trentanni dopo, schifati dei «fascisti», dei «macellai arricchiti» e dei «burini».
Ma quanto siano intimamente volgari e stupidi loro, gli esponenti dellintellighentia sedicente progressista, lo cogli anche ad un solo giro serale per terrazze. La pagina di Disegni è rivelatrice, pur se non dice che il generone è peggiorato dagli anni di Scola.
Sprazzi di verità, in questi anni trionfali, son venuti da Dagospia che ne fotografava target e look: età media sui cinquanta, abbronzatura perenne, pancetta per gli uomini e lifting estremo per le donne quasi tutte schiave del botulino e in astinenza da silicone, in gara perenne con la Parietti per le labbra a canotto più vistose. Mare finto povero ma chic a Fregene o a Ponza, Capri è per «fasci» e burini. Viva il nuovo cinema italiano, ovviamente. Qualche girotondo, finché giravano pure Moretti e la Ferilli facendo assai «tendenza». Ricchi contratti in Rai, sempre, con qualunque Cda. E case a Trastevere o a Campo de Fiori, con vista panoramica su cupole e fontane, attico o terrazza per accogliere amici e compagni di viaggio e di lustro.
Son loro la casta, altro che i politici.
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