L’uomo-Cobra: «Così sono diventato il nemico numero uno dei ladri d’auto»

Ex dipendente Enel, Serafino Memmola fonda nel 1973, con due amici, la Delta Elettronica, trasformando la zona di Varese nel primo distretto mondiale del settore

All’inizio fa solo un favore all’amico che nel 1973 gli sta insegnando a giocare a tennis e che a sua volta sta cercando di aiutare un altro amico nel far funzionare correttamente un antifurto per le auto. Così Serafino Memmola, che è dipendente dell’Enel di Varese e ha le mani in pasta nell’elettronica, s’inventa un marchingegno destinato all’amico dell’amico. Ed impiega l’elettronica al posto degli ormai superati congegni di allarme elettromeccanico usati sino ad allora e sempre meno efficaci nel contrastare il fenomeno dei furti d’auto in continuo aumento. Il prodotto funziona e allora l’amico dell’amico, Isidoro Dall’Osto, il quale non solo vende vernici per le macchine ma insieme ad altri ha anche fondato in una cantina di Varese un’aziendina di nome Cevar che dal niente ha saputo creare in Italia il mercato degli antifurti per i veicoli, vuole che gli produca quei pezzi all’avanguardia grazie proprio all'elettronica.
Il ragazzo del Sud. Memmola, un brindisino di Francavilla Fontana, sta tutto sommato bene all'Enel. Figlio di un sottufficiale dei carabinieri e diploma di perito elettronico a Brindisi, è del 1943, lascia il Sud a 17 anni per andare a lavorare con i torni prima a Torino e poi a Milano. Nel 1967 entra all’Enel, sta un po’ a Milano nella sede di via Berruti, nelle vicinanze del Politecnico, e poi in quella di Varese dove può divertirsi a progettare e installare impianti primari utilizzati per il controllo della rete ad alta tensione.
Nel frattempo si sposa con una compaesana anche lei di Francavilla, Maria Pagliara, diventa subito padre di due dei suoi tre figli (Davide è del 1968, Fabio del 1969, Simone nascerà invece nel 1980) e all’inizio degli anni Settanta non pensa affatto di mettersi in proprio. Anzi, in quel periodo la sua principale preoccupazione sembra essere quella di imparare a giocare a tennis. Finché alla fine del 1973 gli arriva tra capo e collo quella proposta. Ci pensa sopra un mese, poi trova un escamotage: può dedicare all’iniziativa solo le ore serali in quanto lui non vuole lasciare l’Enel. E Dall’Osto, accetta.
Inizia l’avventura. Nasce così la Delta Elettronica con tre soci: Memmola, il quale solo nell’aprile 1975 si dimetterà dall’Enel per dedicarsi a tempo pieno alla nuova attività, l’amico che gli insegna il tennis e che in realtà è un suo collega dell’Enel, Romeo Roman, e Dall’Osto. Il laboratorio viene installato nel garage della casa di Dall’Osto e come marchio viene scelto il nome Cobra. È il papà di Dall’Osto a inventarlo. Quando Memmola gli chiede cosa avrebbe messo nell’auto per renderla sicura, la risposta è infatti questa: «Un cobra», simbolo di aggressività. Solo 25 anni più tardi, nel 1998, quando Memmola è ormai già da tempo, più o meno dal 1986, l’unico proprietario dell’azienda e la zona di Varese si è trasformata nel principale distretto mondiale dell’elettronica applicata agli antifurti per autoveicoli, la Delta Elettronica cambia nome incorporando quello più noto del marchio commerciale. Diventa così Cobra Automotive Technologies. Ed è con questo nome che un mese fa, in settembre, Memmola ha chiesto alla Consob di entrare in Borsa, segmento Star. La quotazione dovrebbe avvenire entro la fine dell’anno.
Curioso, creativo, ciarliero, perfezionista e accentratore, fino al 1986 Memmola fa produrre tutto fuori. Lui progetta l'antifurto, lo fa assemblare all’esterno da artigiani di fiducia della zona e poi ne cura la vendita. In particolare Memmola ama trovare nuove soluzioni. E per trovarle, non smette mai di studiare. Così, quando nel 1983 la società avvia la commercializzazione della prima serie di radiocomandi per l’apertura a distanza delle portiere delle auto, Memmola trova questa soluzione per l'energia: ricorre alle batterie a zinco-carbone già utilizzate negli accendini elettrici. E spiega, «l’automobilista è anche facilitato in quanto trova dai tabaccai il ricambio della batteria». Grazie proprio a quei radiocomandi, il giro d’affari della società cresce subito di 4-5 volte. Rendendo nello stesso tempo obsoleti tutti i prodotti della concorrenza e trovando spalancate le porte dei mercati esteri, dalla Grecia alla Spagna. Nel 1984 la svolta: Memmola decide di produrre in proprio gli antifurti, assume persone e per garantire la qualità del prodotto fa ricorso a una tecnologia americana chiamata Smt (surface mountain technology).
Tecnologia innovativa. A quei tempi è una tecnologia molto innovativa, caratterizzata dall’elevata automazione dei processi produttivi. Risultato: gli standard qualitativi migliorano e i prodotti hanno dimensioni ancora più ridotte.
La Delta Elettronica, che all’inizio degli anni Novanta fornisce ancora esclusivamente prodotti Cobra after market, cioè prodotti non di primo impianto, comincia nel 1991 a collaborare direttamente con le case automobilistiche. Nel senso che gli antifurti, che da lì a poco risulteranno conformi alle direttive europee e in più saranno omologati dall’ente che in Gran Bretagna è collegato alle compagnie assicuratrici, possono essere integrati a bordo delle auto durante la produzione dei veicoli oppure possono essere montati su richiesta dei clienti. Insomma, le varie generazioni di antifurti Cobra possono essere anche installati di serie nelle vetture. La prima casa è la Nissan, quindi la Renault, e poi via via la Wolksvagen, l’Audi, la Porsche, la Daymler, la Toyota, la Honda, la Ford, la Jaguar, la Land Rover, la Mazda.
Nasce il Park Master. Le idee di Memmola non si limitano comunque solo agli antifurti. Nella seconda metà degli anni Novanta crea così il Cobra Park Master, vale a dire un ingegnoso sistema di assistenza alle manovre dell’automobilista basato su sensori posti davanti e dietro la macchina. Questi sensori individuano gli ostacoli a sessanta centimetri di distanza dalla vettura e mettono il pilota sul chi va là.
Tecnologie Gsm e Gps. Nel 2003 Memmola realizza anche, dopo avere avviato una collaborazione con il gruppo Siemens, il Cobra Connex: un sistema che, grazie alle tecnologie Gsm e Gps, permette in caso di aggressione o furto di individuare in tempo reale, 24 ore su 24 e in tutta Europa, la posizione dell’auto rubata, di bloccarla e di segnalare il fatto alla polizia. Negli ultimi dieci anni, dice Memmola, «il valore delle apparecchiature elettroniche in un’auto ha superato il valore del motore».
Oggi Cobra Automotive, leader europeo nella progettazione di soluzioni di sicurezza per l’auto, ha 423 dipendenti nello stabilimento situato alle porte di Varese e un fatturato di 77,3 milioni di euro di cui il 90% realizzato con l’export. Il 59% del giro d’affari è costituito dai sistemi antifurto, il 23% da quelli per il parcheggio, il 13% dai servizi di localizzazione satellitare e di recupero dei veicoli rubati, il 5% dalla vendita di accessori. L’ufficio ricerca, formato da 85 persone di cui più di 70 a Varese e una dozzina nei pressi di Nizza dove c'è un parco tecnologico, assorbe il 7% del fatturato. Molto. Ma, dice Memmola, «senza ricerca non potremmo essere competitivi». E dal momento che nella sua vita ha sempre fatto ricerca, lui è in laboratorio dalla mattina alla sera. O quasi. Il che significa che Serafino Memmola non stacca mai. Ha una bella villa con piscina a Casciago, nei dintorni di Varese; ha una casetta sulla costa jonica tra Taranto e Gallipoli; possiede persino una villa a Malindi, in Kenia.
In cerca di altri mercati. Dal 1991 ha poi al suo fianco un manager esperto come Carmine Carella per affrontare i nuovi mercati in seguito alla globalizzazione; ha in azienda anche tutti e tre i figli (Fabio segue il settore delle consegne, Davide è responsabile del call center, Simone si occupa di informatica) ma lui non riesce a stare a lungo lontano dalla sua impresa. «Una malattia», riconosce.
Ora l’approdo in Borsa con Banca Imi nel ruolo di global coordinator.

Perché? Spiega Memmola, la cui famiglia continuerà a mantenere il controllo della Cobra: «Dobbiamo automatizzare ancora di più le linee di produzione dello stabilimento di Varese e poi vogliamo acquisire società prevalentemente commerciali in giro per il mondo». Tra i progetti l’idea di vendere in Malesia e in Cina per il mercato locale.
(110 - Continua)

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