Roma diventa Capitale. Ma come, finora lo era solo per scherzo? No, per carità, Roma è Caput da millenni, prima di limitarsi a essere «solo» Capitale d’Italia. Ma ora, a 140 anni dal XX settembre, assume per legge lo statuto speciale di Capitale, con risorse e prerogative straordinarie.
Sarà stato il castigo della Provvidenza ma nell’autunno del 1870, dopo la breccia di Porta Pia, Roma finì sommersa sotto una terribile alluvione. Al fianco della Chiesa di S.Maria della Minerva, proprio dove aveva sede la Santa Inquisizione, c’è una lapide che ricorda l’alluvione del dicembre 1870 e segna il livello che raggiunse l’acqua: ad altezza d’uomo. I papalini collegarono il disastro alla collera divina per la profanazione di Roma cattolica, per gli insulti contro Pio IX definito da Garibaldi «un metro cubo di letame», per la prigionia del Papa che si definì «sub hostili potestate constitutus», sottoposto a un potere ostile. Non fu indolore il passaggio di Roma dal Papa Re al Regno d’Italia; e chissà cosa sarebbe accaduto se il Papa anziché in San Pietro, si fosse trincerato in piena Roma nel Palazzo dei Papi dove lui abitava, il Quirinale. Oltre le gesta eroiche di quei giorni o gli avvenimenti epici della Repubblica romana, vanno ricordate anche le pagine più dolorose: per esempio nel 1867, quando due operai romani lanciarono bombe in una caserma pontificia, uccidendo venti zuavi e poi furono processati e condannati a morte dal tribunale papale. O dopo l’avvento di Roma capitale, il 13 luglio del 1881, quando fu assaltata la salma di Pio IX, con le sassate al corteo, la violazione del feretro e le bestemmie di una folla inferocita, incurante delle Guarentigie che garantivano rispetto e incolumità al Papa. Quanta ostilità tra i «buzzurri» piemontesi e gli «oscurantisti» clericali, tra massoni e atei radicali da una parte e dall’altra parte nobiltà nera e papalini, con le celebrazioni ancor oggi contrapposte. E poi i futuristi che sognavano di svaticanizzare l’Italia, le sinistre atee che urlavano, ricevendo scomuniche... Un quartiere intero a ridosso di San Pietro, Prati, sorse quasi in sfregio al Papato. Col XX settembre gli ebrei compirono la loro piena integrazione nella città anche se vanno dette due cose solitamente omesse: fu Pio IX a sghettizzare gli ebrei a Roma, abbattendo il muro che li separava; e fu Mussolini, nel 1931, a firmare un concordato con la comunità israelitica che per la prima volta ebbe pieno riconoscimento giuridico dallo Stato italiano.
Dal XX settembre del 1870 passò molta acqua sotto i ponti del Tevere, dai Patti Lateranensi tra Stato e Chiesa nel ’29 al dominio della Dc che fu una prolungata anestesia del conflitto tra laici e religiosi. E nel centenario dell’Unità d’Italia, Papa Giovanni XXIII e il cardinal Montini, che poi diventerà Paolo VI, definirono provvidenziale l’unità d’Italia e l’avvento di Roma capitale e riconobbero, come da laico scriveva Prezzolini, che la Chiesa grazie al XX settembre si era liberata del potere temporale, e non era più un piccolo regno ma riprendeva la sua missione universale e spirituale. Insomma, anche la Chiesa riconobbe che la breccia di Porta Pia fu una benedizione per l’Italia e per il cattolicesimo. Con questo spirito, il 20 settembre il Cardinal Bertone, segretario di stato vaticano, il presidente della Repubblica Napolitano e il sindaco di Roma Alemanno si incontreranno sulla breccia per superare anche simbolicamente quella ferita. E poi per proclamare, in Campidoglio, l’avvento dello statuto speciale per Roma capitale.
Ma per costruire una memoria condivisa non si deve mai usare l’ipocrisia di nascondere le lacerazioni del passato e rimuovere i fatti storici più controversi. Al contrario, si devono confrontare le opposte eredità e poi arrivare ad una sintesi nel segno della concordia, che rispetti le diversità più irriducibili ma renda condivisa alla fine l’unità. Un convegno in Campidoglio sancirà in tre sessioni il ripensamento del XX settembre, da un punto di vista cattolico, da un punto di vista laico e infine dal punto di vista dell’identità nazionale. Poi una domenica di festa, musei aperti di notte, mostre inaugurate, concerti e teatro. Insomma il 20 settembre come festa popolare, di tutti. C’è invece chi ha nostalgia del XX settembre come la festa de noantri, riservata a radicali e massoni. Massimo Teodori, ad esempio, sul Corriere della sera, chiedeva di «difendere Porta Pia dal clericalismo» e accusava la Chiesa di aver posto veti nel convegno di oggi a storici sgraditi. Vorrei informarlo che l’unico storico (da me proposto) che non figura tra i relatori del convegno è il cattolico tradizionalista Roberto de Mattei, vicepresidente del Cnr e biografo di Pio IX. I laici ci sono tutti.
L’avvento di Roma capitale fu importante per tre ragioni. La prima, perché solo a Roma la storia dell’unità d’Italia si incardinò nella storia di una civiltà, la civiltà romana e poi cristiana - medioevale, rinascimentale e barocca - ma anche la civiltà del diritto, dello stato, della civitas imperiale e universale. La seconda, perché solo a Roma si compì l’Unità d’Italia, il sud si ricongiunse al nord ed entrò nella storia comune del paese, nei ministeri e nella vita delle istituzioni. La terza, perché a Roma la coscienza civile del paese si incontrò, prima scontrandosi, con la coscienza religiosa del paese. Tre ragioni forti e ancora valide. Poi ci sono anche le altre facce indegne e caciarone di Roma: la Roma prostituta di Lutero e la Roma ladrona e parassita, la Roma grottesca di Flaiano e Manganelli, o di Sordi e Fabrizi, la Roma porcona e vitaiola descritta da Fellini e Pasolini, la Roma de’ core e la Roma de’ trippa... Sorprende sapere da un libro del vice Sindaco Mauro Cutrufo, La quarta capitale (ed. Gangemi), che Roma è il comune più esteso d’Europa, ha un’area che equivale a quella di otto capitali europee messe insieme, inclusa Parigi. Ed è più vasto di Mosca e di New York.
In occasione dell’anniversario, del convegno e della legge speciale esce un Manifesto per Roma Capitale che è stato presentato ieri in Campidoglio, voluto dal sindaco, scritto e approvato dal comitato d’indirizzo che presiedo.Roma, gloriosa baldracca e santissima viziosa, torna sulla breccia.
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