L’urlo di piloti e hostess irriducibili in piazza: «Così è meglio fallire»

da Roma

«Se firmate, non scendete», «chi non salta della Cai è», «meglio falliti che in mano a dei banditi», «se lo stipendio ce tajate, cor c... che volate». Chi ha gridato questi slogan ieri non era un manipolo di ultras invasati, ma un centinaio di distinti piloti e steward dell’Alitalia accompagnati da altrettanto avvenenti hostess. Quasi tutti rigorosamente in divisa, ma muniti di fischietti e di trombette hanno «picchettato» la sede del ministero del Welfare a via Veneto inveendo contro l’esclusione dalle consultazioni sull’accordo quadro al quale partecipavano i confederali.
Certo, il blocco del traffico o il lancio di messaggi sos in bottiglia nelle fontane romane per chidere aiuto contro «l’affondamento di Alitalia» fanno parte del «folklore». La questione sul tavolo è molto più seria e delicata. Anche se lo sciame umano che si è spostato verso Palazzo Chigi prima e Montecitorio poi chiedendo l’intervento del governo ha impressionato gli osservatori.
Il problema, però, è il futuro della compagnia e, soprattutto, la garanzia di un posto di lavoro e di una retribuzione adeguata. «Non si può lavorare a 1,81 euro all’ora. Il nostro stipendio sarà decurtato di più del 40% e entreremo ad anno zero di anzianità», dice un assistente di volo. «Sono venuto qui per protestare, fuori dal mio orario di lavoro: chiedo solo che il mio sindacato partecipi al tavolo delle trattative», gli fa eco un pilota. Anpac, Up, Sdl, Anpav e Avia, infatti, sono rimasti fuori dalla porta fino alle 19.30 di ieri sera quando il sottosegretario Letta e i ministri Sacconi e Matteoli hanno loro sottoposto i termini dell’accordo quadro condiviso dai confederali.
E se l’Anpav, che rappresenta gli assistenti di volo, alla fine si è riconosciuta nel protocollo confermando la bontà della strategia dell’esecutivo che ha fatto breccia nel fronte sindacale, per i piloti le cose non funzionano allo stesso modo. Ci sono mille esuberi in ballo, circa duecento sono pensionabili ma «800 persone non le riusciamo a gestire», spiegano dall’Anpac. Anche per questo motivo stanno insistendo con Cai affinché modifichi il piano industriale. E un escamotage sarebbe stato trovato: sostituire 19 Md 80 e 19 Boeing 737 di proprietà Alitalia con altrettanti aerei in leasing di Air One portando nella nuova compagnia almeno 250 persone in più.
È l’ultima spiaggia. Ridurre gli esuberi è l’improbo compito che i piloti si sono dati. Contestare la scelta di Boston Consulting come consulente industriale di Cai non li agevolerà. «Elaborano le strategie di Air One che ha un coefficiente di riempimento degli aerei tra i più bassi. Come possiamo fidarci?», fanno sapere. I sospetti e i retropensieri si affastellano.
Alla fine si punta il dito contro i confederali in generale e la Cgil in particolare. Le dispute nominalistiche di Epifani sull’orario di lavoro e sulla previdenza integrativa non avevano senso. I piloti erano pronti a trattare su tutti gli aspetti retributivi riguardanti un aumento della produttività.

Le recriminazioni nei confronti della Cgil per aver spaccato l’unità sindacale sono svanite dopo la riunione a Palazzo Chigi. Il tavolo unitario si è ricomposto ma le «distanze - ha detto il leader Anpac Berti - restano ancora importanti». E i margini di manovra molto stretti.

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