Lady Fassino, la «zarina» che il partito non vuole in lista

Le proteste e i mugugni hanno la meglio. E sulla Serafini, già rifiutata nel collegio di Ferrara, il leader si arrende

Laura Cesaretti

da Roma

Il suo modello di first lady, raccontano, è Hillary Clinton. Moglie solidale (a Hillary è toccato l’arduo compito di difendere Bill per il caso Lewinsky, a lei Piero per l’affaire Consorte, e tutto sommato una scalata è meno imbarazzante di una fellatio), ma anche professionista politica appassionata. Troppo appassionata, secondo le malelingue diessine.
E così Anna Serafini in Fassino (nella Quercia torinese, dove il marito è di casa, la chiamano direttamente «la Fassina») è finita un’altra volta nel mirino delle polemiche interne, in piena bagarre candidature. Eppure lei ha fatto un generoso passo indietro, rinunciando ad un possibile seggio senatoriale. Sacrificio non da poco, visto che anche nella scorsa legislatura rimase fuori dal Parlamento: era stata candidata a Teramo, collegio considerato blindato per il centrosinistra, ma venne inaspettatamente sconfitta dall’esponente di Forza Italia, Rocco Salini. È diventata responsabile Infanzia del partito, con ufficio al Botteghino, e dietro le quinte lavora anche all’immagine del marito, consultando Klaus Davi e promuovendo strategie umanizzanti pro-Fassino (vedi duetto con la tata dalla De Filippi). Ogni tanto riesce a strappare lo stakanovista marito alla politica e a portarlo in luoghi esotici: Saint Barthélemy, Cavallo, lo Yucatan. Dove appunto lo ha raggiunto il veleno Unipol, mentre assisteva alla preparazione del pane dei contadini maya. «Ci ha raggiunto una valanga, un attacco fin troppo privato», ha denunciato. Preannunciando anche un libro, dal titolo «Cinico è trendy», sulle degenerazioni della politica. Da Roma, mesi fa, era stato prenotato per lei il seggio senatoriale di Ferrara, ma il partito locale ha alzato le barricate: «Niente candidati paracadutati». Poi, con la nuova legge proporzionale che complica il puzzle delle liste, è parso poco opportuno che il Botteghino insistesse sul suo nome, e così alla Serafini è toccato pagare lo scotto di essere la moglie del segretario, e non solo una dirigente politica con già una vasta esperienza parlamentare alle spalle (tre legislature). E con una sua mini-corrente interna, le cosiddette «serafiniane», che si contrappone al correntone femminile capeggiato dalla responsabile donne, la dalemiana Barbara Pollastrini. Eletta proprio in contrapposizione alla Serafini nel ’97. Le «serafiniane», si mugugna nella Quercia, stanno facendo troppa strada: la dalemiana Velina Rossa creò un vero tormentone contro le «amiche della moglie di Fassino» promosse in segreteria dopo l’ultimo congresso, nel 2005: la responsabile Formazione Silvana Amati (ora in pole position per la candidatura nelle Marche), la responsabile Cultura Vittoria Franco. E la psicoterapeuta Maria Rita Parsi che «lady Fassino» vorrebbe candidata ma che non incontra i favori della base. L’ultimo caso scoppiato è quello di Marilina Intrieri, ex Udc buttiglioniana che dovrebbe trovar posto in lista in Calabria. Ma i ds locali si sono ribellati: «Il partito non può essere usato come cosa personale da cui solo ricevere», hanno velenosamente scritto nella loro lettera di protesta.

Il segretario regionale in Calabria è d’altronde quel Nicola Adamo (padre del figlio della ex sindaco Eva Catizone) che fu protagonista di un mitico scontro con la Serafini: investito dalla polemica per i suoi troppi incarichi di partito e in Regione, chiese: «Allora si faccia chiarezza su tutto, anche sulla moglie del segretario». Seguì durissima lettera aperta della Serafini: «Dovrebbe avere il coraggio di una sola cosa: chiedermi scusa pubblicamente. Ma dubito che lo farà visti i suoi comportamenti».

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