L'agenzia interinale trova lavoro ai detenuti

A Padova un'alleanza contro i pregiudizi tra terzo settore e sportelli per l'occupazione: può beneficiarne solo chi è prossimo alla fine-pena o gode di misure alternative. Il caso del primo ragazzo assunto da un'azienda dopo il periodo di prova

Precari, schiavi del Duemila, la Repubblica fondata sugli stage... La retorica contro legge Biagi, contratti a progetto e agenzie interinali ha i suoi ritornelli che abbiamo imparato a memoria. Ma chissà cosa diranno adesso certi strenui difensori dell'occupazione a commento di un'iniziativa di marca padovana. La storia è questa: l'associazione per i diritti dei detenuti «Granello di senape» è riuscita a coinvolgere un numero significativo di sportelli del lavoro per il collocamento delle persone in uscita dal circuito penitenziario. I primi a dare la propria adesione al progetto sono stati due responsabili del gruppo ManPower. Dopo un primo check sui percorsi di reinserimento e sull'opera prestata all'interno del carcere di Padova, si è trovato un accordo di massima sulle modalità di cooperazione. «Gli operatori all'interno della struttura carceraria segnalano ai volontari dell'associazione chi è vicino al fine-pena oppure rientra nei termini di legge per le misure alternative alla detenzione», anticipano i coordinatori. «Quindi “Granello di senape” prepara i curriculum vitae delle persone interessate e propone un incontro vis à vis tra i candidati e i imprenditori e datori di lavoro, contattati sul territorio». Così, a contatto avvenuto, entra in gioco l'agenzia interinale che fa da garante nei confronti di chi offre la posizione. Inoltre, «svolge un appoggio di tutoraggio sulle competenze dei candidati, organizzando brevi corsi di formazione in funzione dell'assunzione, di ascolto per problemi burocratici o professionali: allo stesso tempo, sbriga le questioni gestionali con le aziende (contratti, erogazione delle buste paga, ecc.)». Un'alleanza, questa, tra terzo settore e terziario, che può contare già su un precedente incoraggiante. Meno di sei mesi fa, infatti, la prima esperienza di un ragazzo in regime di semilibertà presso un'azienda.

La stessa che oggi ha deciso di prolungare il contratto di assunzione dopo un brillante periodo di prova. Un modello di reinserimento sociale che vuole superare, insieme, due odiosi pregiudizi: il primo, sul lavoro a tempo. Il secondo, quello sui detenuti.

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