Tra lampi e magie dalla «Tempesta» rinasce l’amore

A Napoli Tato Russo dirige e interpreta uno Shakespeare di classe e rara intelligenza. Musiche celestiali, abiti eleganti e di grande impatto scenico

Enrico Groppali

Quante volte abbiamo assistito allo scatenarsi dei flutti che minacciano il fragile vascello su cui sono imbarcati, nella Tempesta del Bardo, Alfonso re di Napoli insieme ad Antonio, l'usurpatore del Ducato di Milano? A suo tempo Strehler diede fiato, strepito e grida agli eventi in una straordinaria féerie bagnata dalle luci dorate del crepuscolo. Mentre più tardi Lavelli in Spagna e Barberio Corsetti in Italia declinarono il mirabile pageant sulla morte delle illusioni e l'infero sopravvento della magia in due letture contrastanti. Confortate, da un lato, da musiche celestiali che si sprigionavano per incanto dalle quinte e, dall'altro, da un incantevole omaggio a Mélies e agli incipit del cinema muto. Ora Tato Russo, al secondo appuntamento con un testo a lui congeniale al punto da ritenersi autobiografico, riprende da par suo la caccia al senso e al sovrasenso dell'allegoria testamentaria di Shakespeare con uno spettacolo di gran classe e rara intelligenza. Che trapela fin dall'inizio alla vista degli accoliti del mago quando, tramutati in macchinisti, il muto coro degli adepti di Prospero percuote col martello timpani argentei e nere lastre di ferro simulando l'infuriare degli elementi.
Mentre Ariel, che qui non è il bizzarro androgino che conosciamo ma un'angelica creatura bifronte formata da due fascinosi contorsionisti maschio e femmina (Hal Yamanouchi e Hilmar Pintaldi Funes), dipana con grazia l'evolversi della commedia degli equivoci in vista dell'inevitabile chiusa. Nella sua cupa uniforme da sciamano sovrastata da una candida chioma che lo fa somigliare a Leonardo, Tato dirime sardonico gli eventi orchestrando col filo sommesso della voce e gli ampi gesti sacerdotali il succedersi delle agnizioni e dei ravvedimenti, tra scontri e palpiti amorosi. Mentre lassù, nell'alto cielo del teatro, le forze occulte che Mago Russo è chiamato a svolgere come su un tappeto volante in un continuo svariare tra l'uno e l'altro emisfero disegnano Pierrot più bianchi delle maschere di Chagall e cirri che sprigionano carri tra sciabolate di luce. E il coro dei nemici? Scampati al castigo sulla riva remota dell'isola, i dignitari che han deposto Prospero emergono dalle sontuose corolle degli abiti cerimoniali come vecchissimi neonati destati alla luce della ragione e ai misteri della vita.

Avvolti in bianchi paramenti da catecumeni ascoltano rapiti le parole di Gonzalo (l'eccellente Claudio Angelini) mentre, riscattati dall'amore dei più giovani (il veemente Gabriele Russo e la scolastica Elisabetta Ventura), porgono finalmente orecchio ai diritti del cuore.

LA TEMPESTA - di Shakespeare Regia e interpretazione di Tato Russo. Napoli, Teatro Bellini, fino al 22 novembre.

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