Di Bettina Goering, pronipote del braccio destro di Hitler, circola una foto che la ritrae su un vasto pianoro inondato di sole. Forse è l’Arizona, o il Texas occidentale, o il Colorado. O forse è il New Mexico. È a quelle latitudini che l’errabonda Bettina, ormai cinquantottenne, è andata a rifugiarsi fuggendo dai fantasmi di un passato che continua ad ossessionarla. Lei ha i capelli sciolti sulle spalle. Gli occhi sono protetti dall’ombra di uno Stetson, il cappello dei cowboy che piaceva ai capi Apache che popolarono quelle contrade. Anche lei ha una faccia dura, da Apache. Lo sguardo suggerisce orgoglio, sfida, alterigia. Ma chi la conosce bene (Bettina ha una laurea in medicine orientali ed è una seguace dei «sudditi di Osho», meglio noti come «Arancioni») dice che è solo apparenza. Un paravento dietro il quale si nasconde il dramma, la tragedia di una donna che 28 anni fa - si scopre oggi - decise di farsi sterilizzare per il timore di generare un «mostro». Un mostro che si portasse appresso il Dna dello zio Herman, il maresciallo del Reich che diede il via alla «soluzione finale» degli ebrei in Europa. Un’ossessione condivisa dal fratello, anche lui affidatosi ai medici per essere sicuro di non procreare.
«La mia famiglia non mi ha lasciato assolutamente nulla in eredità - ha raccontato recentemente Bettina nel corso di un’intervista concessa durante un suo viaggio in Israele -. Solamente un nome troppo pesante da reggere». Così, convertitasi ai «sudditi di Osho», Bettina decise di rinnegare quel seme da cui origina la sua vita. Lei e il fratello. Una sorta di gelida, allucinata autocastrazione. Come se nel suo Dna ci fosse una sorta di malvagio «destino necessario» che punta a compiersi saltando magari qualche generazione. Come se fosse davvero il Dna, e non l’educazione, l’ambiente, l’aria che si respira e i libri che ti danno da leggere da piccolo a determinare il carattere, l’indole di ciascuno. O non è lei stessa, Bettina, «la rinnegata», la dimostrazione vivente che le sue allucinazioni sono una fantasia degna di analisi psichiatrica? E non è comunque meglio che sia andata così, piuttosto che generare un figlio sul quale avrebbe finito per trasferire i fantasmi di una personalità fortemente disturbata?
Bettina, e suo fratello, non sono soli. Otto anni fa, su queste stesse pagine, raccontammo la storia di tre bravi cittadini americani: i fratelli Alexander, Louis e Brian, pronipoti di Hitler. Ovvero figli di un fratellastro del Führer che era sbarcato negli Usa nel ’39 (veniva dall’Inghilterra, dov’era nato, figlio di un Alois Hitler) e che nel ’44 aveva combattuto contro i nazisti. Anch’essi avevano stipulato un raggelante patto a tre: l’impegno solenne di non riprodursi, di non mettere al mondo figli. Anche in quel caso la motivazione era stata la stessa: evitare che il genio del male tornasse ad affiorare all’interno della loro famiglia. O forse volevano solo evitare ai figli, e ai figli dei figli la vergogna, i timori, il disagio esistenziale che aveva marcato a fuoco la loro vita fin dal momento in cui scoprirono di essere imparentati con il genio del male per eccellenza.
A differenza di Bettina, che alla fine non ha resistito e ha sentito la necessità di raccontare al mondo il suo dramma, i tre fratelli (un assistente sociale e due giardinieri che vivevano alle porte di New York con un cognome americano) avevano un sogno, prima che uno zelante cronista portasse a galla la loro storia: passare
inosservati. Avevano scelto di vivere sottotraccia, in sordina, oppressi da una colpa che nessuno si sarebbe mai sognato di muovere loro. E ci erano riusciti. Perché non è sempre vero che il proprio destino è scritto nel passato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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