Le larghe intese sono un’illusione a senso unico

Federico Guiglia

Passeranno l'estate a sfogliare la Margherita: mi allargo o non mi allargo? Dopo la raffica di fiducie - pena la sfiducia - i salvataggi con l'aiutino dei senatori a vita e le votazioni contate e contestate, forse il centrosinistra s'è reso conto che l'aritmetica non consente di fare politica al Senato. E allora è partita la controffensiva del «si dice ma non si fa», è cominciato il fuoco amico del «come fare le larghe intese» senza perdere la faccia, l'elettorato e, soprattutto, il governo. Dal presidente della Camera a quello di palazzo Madama, dal leader dei Ds ai centristi stufi d'essere continuamente scavalcati a sinistra, è tutto un florilegio su come «estendere la coalizione» evitando, naturalmente, di «mandare all'aria il bipolarismo». Naturalmente.
S'evocano, così, le formule alla Angela Merkel in Germania, l'esempio del cancelliere che tiene insieme i (suoi) popolari della Cdu e gli avversari socialdemocratici della Spd. Ma si omette il particolare che è pur sempre il programma a fare da denominatore comune fra gli opposti, mentre qui si pretenderebbe di ampliare la squadra senza ritocchi ai propositi annunciati dall'esecutivo in Parlamento; per non dire del noto testo dell'Unione Per il bene dell'Italia che, con le sue decine e decine di pagine, ha strappato il primato del programma più lungo del mondo. E si vede, ora, quanto riesca a essere applicato...
Eppure, in questa discussione per addetti ai lavori che attende solo l'arrivo del generale Agosto per decretare il «tutti in spiaggia», c'è una circostanza che la dice lunga sul modo di ragionare: la mancanza dell'interlocutore. Si vuole ampliare il centrosinistra guardando dall'altra parte, ma all'altra parte, che pure esiste in proporzione addirittura identica, non si domanda se è disposta all'evenienza, ed eventualmente a quali condizioni, e magari per cambiare che cosa dell'attuale rotta governativa; posto che per andare avanti in questo modo, con ministri che si dissociano in piazza dall'operato della loro maggioranza in Parlamento, nessuna opposizione del pianeta accetterebbe di farsi del male né di prestarsi alla pura e semplice cura dell'altrui programma. Che è stato tra l'altro concepito «in alternativa» al programma del centrodestra ora chiamato, in ipotesi, a «collaborare». Gli allargatori farebbero bene a informarsi: a Berlino la signora Merkel non sta attuando il programma della Spd. Quella tanto citata Grosse Koalition è nata per contemperare le scelte delle due politiche prevalenti nella società tedesca, è nata per la sintesi, non per estendere il consenso parlamentare a favore di una delle due tesi in campo. «Larghe intese» non potrebbero mai significare un'Unione moltiplicata per due o in grado di realizzare il programma suo infischiandosene di quello degli altri. Perché è questo ciò che appare dalle proposte fin qui lanciate. Come se fosse ininfluente ascoltare e, ancor di più, prendere in considerazione le idee e la strategia della parte non progressista del Parlamento e della società, ancora esclusa da tutte le scelte politiche e istituzionali fin qui fatte, pur rappresentando l'altra metà dell'Italia. E una metà coesa sulle grandi questioni di politica interna ed estera: sarebbe da ridere se questa parte non potesse o non dovesse esprimere i giudizi e i sentimenti degli elettori che rappresenta.
Non si comprende, dunque, perché il molto teorico e troppo teorizzato «allargamento» non debba partire «dal basso», come ama dire il centrosinistra: è il programma, è una certa idea dell'Italia che può dar vita, semmai, a una nuova e grande coalizione fra le «due maggioranze», ché tali sono nel Paese e nel Parlamento. Il resto è roba per le orecchie del generale Agosto.
f.

guiglia@tiscali.it

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