
Un po' come, dopo l'8 settembre del '43, (quasi) tutti gli italiani si scoprirono all'improvviso antifascisti, così, nel 1993, (quasi) tutti si ritrovarono antidemocristiani. A seguito dell'inchiesta Mani pulite infatti, quella Democrazia cristiana che era sempre stata al governo era diventata il babau, il mostro della politica, che nessuno - ovviamente - aveva mai amato, sopportato, votato, figuriamoci averne tratto qualche vantaggio.
Qualcuno, in quei giorni, e nei molti a venire, non poteva non notare l'incoerenza palese: perché quella contraddizione nazionale stava incrinando la sua esistenza, una crepa dopo l'altra, ovvero un mandato, un arresto, un'accusa, un sospetto, un processo dopo l'altro (quando non era un suicidio). Quel qualcuno lo racconta oggi Laura Marzi nel suo Stelle cadenti (Mondadori, pagg. 216, euro 19), un romanzo dedicato ai figli di Tangentopoli, alla generazione che da quel terremoto è uscita sconquassata tanto quanto la Repubblica. Ragazzi e ragazze che, anche se non finiscono sui giornali o in tribunale, è come se vivessero comunque in una prigione: «Ci comportavamo un po' come se fossimo in carcere trascorrendo la maggior parte del tempo insieme a casa» nota a un certo punto Ludovica, che insieme al fratello Edoardo è la protagonista del libro.
Edoardo e Ludovica sono i figli di Arturo Montella, segretario regionale della democrazia cristiana nella Torino degli anni Novanta. Il padre è una specie di Zeus, munifico e assente, severissimo e apparentemente perfetto. Nessuno sospetta che possa essere coinvolto in quell'inchiesta infamante, e invece finisce ammanettato prima, e poi accusato di corruzione e finanziamento illecito al partito. Nessuno sospetta che non sia innocente, e invece, di concerto con la moglie e gli avvocati, lui decide di patteggiare. Esce di prigione ma, quando torna a casa, la casa non è più la stessa.
Quell'uomo tutto d'un pezzo si ritrova piegato a piangere al tavolo della cucina e i suoi figli hanno perso qualsiasi riferimento. Hanno combattuto a testa alta a scuola davanti a chi li prendeva in giro, ma dentro sono crollati. È la storia di una generazione che arriva fino a noi.
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