Ho partecipato a un convegno in cui si diceva che l’epoca dell’automobile è finita per lasciar posto all’epoca del web.I giovani oggi non affollano i saloni dell’automobile ma aspettano l’ultimo modello dell’iPhone o dell’iPad e non gli interessa nemmeno prendere la patente. Non vale perciò più la pena di fare ricerche e investimenti in questo settore.
Non sono d’accordo. È vero, è incominciata una nuova fase storica. Sono sorti mezzi di trasporto come gli aerei con i voli a basso costo e i treni ultraveloci per cui l’uso dell’automobile si è ridotto a spazi più ristretti o di svago. È poi cambiata un’altra funzione dell’automobile che, nella seconda metà del XX secolo, era un oggetto e un simbolo sessuale. Chi la possedeva aveva un vantaggio erotico enorme su chi non la possedeva. Oggi questo valore è scomparso, perché l’auto la posseggono tutti e i rapporti fra i sessi sono diventati paritari. Vi sono poi problemi crescenti di inquinamento e di intasamento. Ma il cambiamento più profondo di certo è stato lo sviluppo del web. Alle strade e alle autostrade del mondo fisico, si sono aggiunte le infinite autostrade e strade del web, un mondo virtuale parallelo al mondo fisico. Dove, stando immobile, puoi essere nello stesso tempo altrove, in qualsiasi parte della terra, in contatto con chiunque.
Tutte cose vere, ma resta il fatto che nel mondo degli oggetti corporei, l’automobile è ancora il più perfetto strumento di trasporto individuale. Quello con cui tu, singolo individuo, puoi spostarti quando vuoi, andare dove vuoi, con chi vuoi, alla velocità che vuoi, dove nessun treno superveloce, nessun aereo, nessuna autostrada reale o virtuale potrà scaricarti. Non più un oggetto di lusso ultraveloce, ma uno strumento che la progettazione ela ricerca dovranno far diventare sempre più comodo, pratico, più sicuro, meno costoso, meno inquinante, che vede nella nebbia, che risolve automaticamente i problemi che incontri.
Quindi un settore in cui ci si aspettano innovazioni radicali nel campo dei motori, della chimica, dell’elettronica e della robotica.È facile proporre la deindustrializzazione, ma poi le grandi imprese e le ricerche d’avanguardia si spostano in altri Paesi e quando le hai perse a te resta solo la recessione.
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