Lavia recita la solitudine di Leopardi

Eliana Biagini

La rassegna estiva 2006 «Teatro, musica e danza», organizzata dal Comune di Savona, sulla fortezza del Priamar, ha riservato al teatro solo due programmazioni, ma di opere di alta qualità e notevole spessore culturale, entrambe realizzate da artisti di chiara fama. La prima, prevista per questa seraalle ore 21,15, è il «Recital su Giacomo Leopardi» del regista e attore Gabriele Lavia, scelto dagli organizzatori della rassegna, non solo per l'importanza di questo monologo e per la capacità personale dell'artista di interpretarlo, ma anche perchè egli è considerato «voce della modernità e nostro contemporaneo».
Nel suo incontro personale con Leopardi declama alcuni dei «Canti» più conosciuti ed amati del grande poeta: «A Silvia», «Le rimembranze», «Il sabato del villaggio» e «L'infinito», esprimendo sentimenti traboccanti d'emotività con passione accorata e connotandosi, così, come uno dei protagonisti del teatro italiano. Dalla voce dell'interprete il pessimismo leopardiano riecheggia nella mitica «A Silvia», composta nel 1828, con le illusioni e l'inganno, che hanno trasfigurato nel giovane Leopardi il rimpianto senza fine della giovinezza perduta, impersonata dall'amata Teresa Fattorini e la tradizionale imprecazione verso la natura matrigna; così come nelle «Ricordanze», del '29, riaffiorano alla memoria del poeta, tra meditazioni e vagheggiamenti, i sogni svaniti dell'adolescenza, unica fase della vita immune dal dolore esistenziale, che caratterizza tutta l'opera leopardiana. Il dramma attenua i suoi toni ne «Il sabato del villaggio», composto anche questo nel '29, dove il poeta si limita all'ammonimento a non sprecare l'età più rosea della vita, fino al dolce naufragare nell'immensità delle acque e nell'oblio di se stesso con «L'infinito».
Nell'interpretazione di Lavia, che per inquietudine caratteriale, ha sempre sempre dipinto con tinte fosche tutte le opere, già altamente drammatiche, che ha rappresentato, si stigmatizza un'attenzione precipua alle problematiche e alle incertezze dell'uomo contemporaneo e alla sua fatica nell'affrontarle. La drammaturgia classica è senz'altro l'ambito teatrale a lui più congeniale. Tra i suoi allestimenti si ricordano: tre realizzazioni dell'«Edipo Re» di Sofocle, diverse opere di Shakesperare, tra cui tre «Amleto», «Tito Andronico», «Otello», «Riccardo III»; «Il sogno di un uomo ridicolo», «La mite» e, più recentemente, «Memorie dal sottosuolo», di Dostoevskij; «Il Gabbiano», «Zio Vanja» ,«Il giardino dei ciliegi», «Platonov», di Cecov. Colpito dall'efficacia di alcuni testi, si è dedicato con largo successo anche a dirigere ed interpretare opere teatrali di Sartre, Diderot, Bergman, Harwood e, tra le ultime «L'avaro» di Molière, «La storia immortale» di Blixen, e «Chi ha paura di Virginia Woolf?».

Come regista cinematografico, Lavia è famoso soprattutto per aver girato: «Sensi», «Scandalosa Gilda», «la Lupa» di Verga.
Il prossimo appuntamento con il teatro è il 1° agosto con «L'ultima radio» di Tullio Solenghi e Marcello Cotugno.

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